La Spezia, 24 giugno 2023 – Nella programmazione ispettoriale 2022-23 sotto la voce AREA DELLA COMUNICAZIONE troviamo questa azione: “Valorizzare i momenti informali di trasmissione del carisma per crescere insieme nello spirito di famiglia e assorbire il carisma nella quotidianità”.

La commissione formazione ispettoriale si fa carico di questa azione condividendo, il 24 di ogni mese, una riflessione semplice, che nasce dall’esperienza, su alcuni momenti caratteristici del nostro carisma e della nostra azione educativa.

Il sesto appuntamento è riservato al COLLOQUIO.

Tutti sappiamo cosa pensasse Don Bosco del “colloquio=rendiconto”: “Il rendiconto è di tanta importanza da potersi dire la chiave maestra nell’edificio della Congregazione. Chi è incaricato dei rendiconti, si adoperi con tutta la carità possibile e con diligenza e puntualità. Quanti interrogati da me rispondono: sono sei mesi, è un anno, sono due anni che non faccio il rendiconto! Questa negligenza fa scadere lo spirito della Congregazione!” (MB XVII 376)

Dalla Relazione sulla vita dell’Istituto nel sessennio fatta nel CGXXIII risulta che Il colloquio personale è il più disatteso. Perché questo incontro dal valore “carismatico” si sta svuotando di significato?

C’è chi mette in causa la crisi delle relazioni, la mancanza di tempo sia per chi guida la comunità sia per le sorelle che ne fanno parte. Può dipendere dalla non preparazione o da un debole spirito di fede nelle mediazioni. Effettivamente ci vuole fede perché sia le consorelle non scelgono l’animatrice della comunità sia l’animatrice non sceglie le proprie consorelle. Dunque richiede reciproca fiducia, umiltà, serenità, lealtà.

Papa Francesco chiede di vivere la mistica dell’incontro che rende capaci di sentire, ascoltare, cercare insieme la strada, Se si vive questa mistica, ognuno/ognuna diventa per gli altri una possibilità preziosa di incontro con Dio.

Alla luce della mia esperienza considero fondamentali alcune parole chiave:

LA FIDUCIA NON SI PUÒ IMPORRE: si tratta di un processo che richiede tempo, impegno e pazienza, ma che può portare a relazioni di grande valore e significato.

L’altro è sempre “altro”, l’altro è sempre “oltre”, è sempre “altrove” nella dimensione che si fonda sulla sacralità della persona.

L’altro mi impegna a rispettare quella sana privatezza che è diritto di ciascuno per cui non invado mai la sua intimità, non approfitto mai della sua confidenza, non abuso mai della sua fiducia e so ritirarmi in punta di piedi quando intuisco che quella solitudine sia per lei un momento necessario per recuperare se stessa e ri-attingere al mistero che la abita per rilanciarsi con più passione nella vita.

LA VITA INSEGNA LA VITA: nel nostro Istituto abbiamo una ricchezza di FMA riuscite tanto che, se ci mettiamo alla loro scuola, anche di noi un domani potranno dire che la nostra vita ha aperto strade e insegnato sentieri alle nostre sorelle e a tanti giovani.

Ho da poco terminato di leggere la biografia di Madre Carolina Novasconi, una superiora convinta che l’autorità ha il compito di trasmettere in nome di Dio, un messaggio di verità e di amore incarnato. La sua verità era Gesù per questo ebbe la grazia di farsi uno con gli altri senza concedersi sconti; per questo non pensava a sé, ma alla sorella che doveva incontrare. “Quella” sorella con nome, cognome, con quel carattere, con quelle difficoltà, sogni e dubbi, creando nel suo ufficio un’atmosfera accogliente perché si sentisse libera di dire, compresa, corretta, ma soprattutto benvoluta.

Lei sapeva che non si possono educare, accompagnare le anime in serie, tutte allo stesso modo: bisogna aiutare ciascuna a prendersi in mano con cura. Non si atteggiava mai a persona che volesse dare lezioni: era piena di rispetto, infinitamente discreta. Aveva un modo unico di mettere le sorelle a proprio agio: le faceva sedere accanto a sé, lasciava la penna e si poneva ad ascoltare con attenzione. Ascoltava silenziosa, seguendo le fasi del “rendiconto”, interrompendolo soltanto con quelle esclamazioni così spontanee e calorose che indicava quanta parte prendesse a ciò che le si confidava. Si aveva la certezza di essere capiti, accettati, compatiti, perdonati. Dal suo ufficio si usciva sempre un po’ diversi, orientati a riprendere coraggiosamente la propria strada con entusiasmo, ad accettare quella determinata croce o quell’obbedienza inattesa o poco gradita.

Madre Carolina fa pensare a Madre Mazzarello: me la rivedo sedersi su una panchetta o sui gradini di una scala, mettersi a disposizione di quante vogliono parlare con lei, pronta ad ascoltare senza darsi alcun tono di superiorità. Anzi, condivide la fatica del cammino con semplicità, confidando che “quel difetto” ce l’ha anche lei, che fa sudare perché richiede fatica e usando il noi, dice: “…facciamoci coraggio; cerchiamo di batterlo senza misericordia; il Signore é tanto buono vedrai, ci farà entrare in Paradiso lo stesso!» (Cr. vol. II 333)

Mazzarello nonostante avesse un’intuizione speciale per capire le persone, in questi incontri si metteva lei stessa in gioco, coinvolgendosi personalmente con semplicità e verità rivelando qualcosa di se stessa, della sua esperienza di grazia e fragilità. Dunque ci insegna che il colloquio non è mai a senso unico, ma condivisione di vita, di cammini, pur nel rispetto dei compiti e dei ruoli propri di ciascuna.

Nell’art. 34 delle nostre Costituzioni si parla del colloquio come di un’esperienza privilegiata che rafforza la comunione, guida alla scoperta della volontà di Dio e a vivere nel quotidiano lo spirito dell’Istituto.

RESPIRARE “CASA”: personalmente sono consapevole che il colloquio vada preceduto, accompagnato e seguito dalla preghiera, coltivando nel quotidiano una comunicazione empatica che fa sentire vicinanza e coinvolgimento. E che bisogna essere credibili, cioè non proporre se non ciò che noi stesse ci sforziamo di vivere. Fa male sentirsi “rimproverare” la non coerenza!

Madre Antonia Colombo parlando alle Ispettrici diceva: “Si ascoltano le sorelle per farci carico della loro vita, delle loro preoccupazioni, talvolta del senso di inadeguatezza rispetto al compito. Se non ci vedono moraliste, ma ci sentono discepole della Parola, forse le nostre semplici parole saranno accolte e il rapporto ci renderà insieme più aperte all’iniziativa di Dio, meno titubanti e più pronte a cogliere la novità del suo passaggio dentro la storia delle persone”.

Sappiamo che Mornese non era una comunità perfetta: era priva di mezzi, c’erano difficoltà di ogni genere, anche problemi vocazionali. Dunque non mancavano le preoccupazioni, ma Madre Mazzarello aveva questo criterio: Prima le persone e poi le opere!

In un incontro per direttrici si è affermata la stessa consapevolezza che cioè la vita dell’Istituto dipende dalla vita delle persone molto più che dall’organizzazione e dalle strutture; che la relazione aiuta a curare la maturazione vocazionale di ogni sorella, a confermarci reciprocamente nella fede e permette di discernere gli annunci di novità di cui siamo destinatarie e insieme portatrici. Anche nelle difficoltà, se osiamo aprirci superando blocchi e diffidenze, il colloquio personale assicura sostegno e compagnia, offre speranza, aiuta a ritrovare lo sguardo evangelico su persone e situazioni.

Un problema concreto: come assicurare alle nostre sorelle il tempo e la disponibilità per il colloquio? Io ho provato ad organizzarmi sulla base del mio calendario esponendolo o informando la comunità, ma credo che sia importante anche l’invito personalizzato nel rispetto della libertà di ciascuna, esprimendo anche il desiderio, cioè il mio bisogno dell’incontro con la mia sorella. Questo è possibile in un clima di famiglia dove si sperimenta la bellezza di sentirsi amate e di amare a nostra volta. (Circ. n. 887)

Sr Teresita Osio