PRIMO GIORNO

DALLA CIRCOLARE DELLA MADRE (n 996)

La fretta che dominava le nostre giornate ha ceduto il passo ad un tempo in cui pregare con più calma, stare in ascolto di Dio che ci parla, condividere la sua Parola che alimenta la fraternità e trasforma l’isolamento, a cui siamo costrette, in uno spazio di comunione sincera, forse riconquistata. Un tempo senza dubbio faticoso, ma pieno di inedite sfide. La storia è maestra di vita! Non lasciamoci sfuggire l’opportunità di cogliere la bellezza dell’essenziale, di riscoprire il valore della sobrietà che ci aiuta a vivere il senso della misura in tutto quello che facciamo e consumiamo. Pensiamo a quante famiglie oggi soffrono la solitudine, non hanno il necessario per vivere e patiscono anche la fame. Ringraziamo la Provvidenza per quello che ci viene dato e, se fosse necessario, allontaniamo da noi ogni forma di pretesa, di insoddisfazione e condividiamo con chi ha meno di noi, con cuore generoso.

MADRE MAZZARELLO

La donna forte. La sua vigoria fisica e il suo stesso carattere, oltre al desiderio di rendersi utile, la portavano prepotentemente a un lavoro virile". Il 16 marzo 1858, il padre di Maria decise di lasciare la Valponasca, in seguito ad una rapina avvenuta nella loro casa. La famiglia si trasferì, dunque, in paese, più vicino alla Chiesa, con grande gioia di Maria… Suo padre stesso l’andava formando a questo stampo col ridurre quella natura impetuosa, ma ricca di energie, a una virtu’ capace di portarla a fare più e meglio delle altre fanciulle della sua età e condizione; (Cron. I, 42-43")

Il tifo a Mornese. Nel 1860 in Mornese ci fu una grande epidemia di tifo. Don Pestarino aveva chiesto al padre la presenza di Maria presso i parenti ammalati, alla frazione dei Mazzarelli. Egli si era opposto, ma senza togliere a Maria la libertà di fare la sua scelta. E lei l’aveva fatta dicendo a don Pestarino: "Se lei vuole, io vado, ma sono sicura di prendermi la malattia". Dopo aver assistito gli zii malati, Maria contrasse il tifo. Fu una malattia gravissima e lunga. Dio aveva i suoi disegni. Maria si ammalò il giorno dell’Assunta (1860) e poté alzarsi soltanto il 7 ottobre, dopo 52 giorni di letto. Il forte tralcio della sua vita, spezzato, tornava a vivere con la fiducia riposta solo in Dio. Non più le vigne, non più i campi: altra messe il Signore le aveva preparato. (Cron. I, 87)

Il cambio di orientamento. Dopo la malattia del tifo esprime con chiarezza il suo unico desiderio: “Signore, se nella tua bontà volete concedermi ancora alcuni anni di vita, fate che li trascorra ignorata da tutti e, fuorché da voi, da tutti dimenticata”. 1861 Maria, indebolita dalla malattia, decide di imparare il lavoro di sarta, in modo da poter aprire un piccolo laboratorio per le ragazze di Mornese. Questo le avrebbe consentito, non solo di insegnare loro un mestiere, ma anche di avvicinarle a Dio. Realizzò questo desiderio insieme all’amica Petronilla (Cron. I, 87-88). 1862 Maria Domenica, sempre con l’amica Pertonilla apre un laboratorio di Sartoria per le ragazze del paese, e usa, senza saperlo, come metodo educativo lo stesso metodo, tradotto al femminile, che don Bosco usa a Valdocco con i suoi ragazzi: il metodo Preventivo. Maria Domenica ha fatto del suo cuore una abituale dimora con Gesù e il luogo privilegiato dell’incontro e del dialogo con le sue figlie. “Sono nel cuore di Gesù” (L 19,3; L 22,21). In questo Cuore lascia, chiude e saluta le sue sorelle: “ti lascio nel Cuore di Gesù” (L 13,2; 14,5); “non passa giorno senza che ti chiuda nel Cuore SS. Di Gesù” (L 62,4); “ti saluto e nel Cuore di Gesù ti lascio. Sei contenta che ti lascio in quel bel posto? Me lo scriverai se non sei contenta” (L 50,4; 68,5). “Ti vado a cercare ogni giorno nel Cuore di Gesù; attenta a lasciarti trovare là dentro” (L 13,1). “Entrate sovente nel Cuore di Gesù, vi entrerò anch’io e così potremo trovarci sovente vicino e dirci tante cose” (L 17,2), “andate nel cuore di Gesù, sentirete tutto ciò che voglio dirvi” (L 29,3), “è meglio che andiamo nel cuore di Gesù e là possiamo dirci tutto” (L 27,5); “io vi assicuro che tutte le mattine vi parlo in questo adorabile Cuore e gli parlo nella S. Comunione e dico per ciascuna di voi tante cose. Siete contente che ci visitiamo in questo modo?” (L 27,6); “parliamoci sempre nel Cuore di Gesù. Voi dite tante cose belle per me quando vi ritrovate unite in questo adorabile Cuore, principalmente quando andate a riceverlo nella santa Comunione” (L 39,2).

SECONDO GIORNO

DALLA CIRCOLARE DELLA MADRE (n 996)

Trovare il “coraggio di guardare più avanti”. Non è facile pensare al “dopo” della crisi mondiale provocata dal Covid-19. Papa Francesco, con gesti e messaggi, e con realismo, sta accompagnando tutta l’umanità, credenti e non credenti, a convertire il proprio modo di vivere in un modo più umano e fraterno. In una recente intervista sull’attuale emergenza, egli ha risposto offrendo delle indicazioni precise sul come affrontare il “dopo”. Le sue parole sono state per me, e penso possano esserlo per tutte voi, oggetto di riflessione e di meditazione. Dalle sue espressioni traspare la certezza che da questa crisi epocale c’è la possibilità di una reale trasformazione. È il messaggio di speranza che vogliamo cogliere dal suo cuore di padre e di pastore. È importante, precisa il Papa, la cura del futuro che, pure nell’incertezza del momento, ci chiede di dare spazio alla creatività che solo lo Spirito Santo è capace di suscitare; è la creatività del cristiano che deve esprimersi nell’aprire orizzonti nuovi, nell’aprirsi verso Dio e verso ogni persona. Tutto questo non è facile quando si è chiusi in casa, ma ci prepara a tempi migliori. «Abbiate cura di voi per il futuro che verrà» dice il Papa. Accenna poi alla conversione pastorale, a quella economica ed ecologica, ad una Chiesa sempre più missionaria e flessibile. Parla della tragedia che priva i giovani della saggezza dei vecchi e i vecchi delle energie di futuro dei giovani. Alla domanda: “Che ho da dire ai giovani?”, il Papa risponde: «Abbiate il coraggio di guardare più avanti e siate profeti. Al sogno degli anziani faccia riscontro la vostra profezia» (cf Antonio Spadaro. Commento all’intervista del giornalista britannico Austen Ivereigh: Papa Francesco e la crisi del coronavirus. Il coraggio di guardare più avanti, 8 aprile 2020).

MADRE MAZZARELLO

Un cuore abitato dall’ “A te le affido”. Sappiamo che Madre Mazzarello fin dall’adolescenza coltiva in cuore l’ardente desiderio di donarsi agli altri. Una voce misteriosa le segna la via: A te le affido. È la consegna che diventa missione educativa tra le ragazze povere e abbandonate. Nella Cronistoria si legge: Passava un giorno per la collinetta di Borgoalto, quando le parve di vedersi di fronte un gran caseggiato con tutta l’apparenza esteriore di un collegio di numerose giovanette. Si fermò a guardare piena di stupore, e disse fra sé: “Cosa è mai questo che vedo? Ma qui non c’è mai stato questo palazzo! Che succede? E sentì come una voce: “A te le affido”. Abituata a padroneggiarsi, Maria si allontanò rapidamente di là e procurò di non ripensarvi; ma sì, quelle giovanette erano sempre lì quasi a chiamarla, specialmente ogni qualvolta era costretta a ripassare per quell’altura; e a niente le giovava il distrarsi, il gettarsi nel lavoro con crescente attività”. Il Maccono afferma: “Ella sentiva in sé un vivo desiderio di far del bene alle ragazze, e una voce intima le diceva di radunarle, d'istruirle nella Religione, d'insegnar loro a fuggire il peccato e a praticare la virtù. Quando questo desiderio fosse entrato nel suo cuore, ella non lo sapeva dire; l'aveva già sentito inconsciamente, quando aiutava la mamma ad educare i fratellini e le sorelline; quando al Catechismo, e per strada, ripeteva alle compagne ciò che aveva ascoltato in chiesa; ma più fortemente l'aveva sentito da Figlia dell'Immacolata.

Un cuore che fa spazio alla creatività dello Spirito Santo. Ora questo desiderio si faceva prepotente come un bisogno. Interessante il dialogo tra Maria e Petronilla nel sentiero degli orti: “[…] apriremo un piccolo laboratorio, nel quale accetteremo delle fanciulle, e insegneremo loro a cucire, ma con l'intento principale d'insegnar loro a conoscere ed amare il Signore, di farle buone e di salvarle da tanti pericoli. Metteremo insieme il guadagno per vivere del nostro lavoro, e così, senza essere di aggravio alle nostre famiglie, potremo spendere tutta la nostra vita a vantaggio delle fanciulle. Ti senti di fare come dico io? Bisogna che facciamo così, ma fin d'ora dobbiamo mettere l'intenzione che ogni punto sia un atto di amor di Dio»”. Il desiderio di fare del bene alle ragazze la spinge sempre ad andare oltre a ciò che già si fa e le lascia nel cuore una certa inquietudine di “salvezza”. Dice all’amica Petronilla dopo aver iniziato il laboratorio per le ragazze di Mornese: «La domenica noi assistiamo le fanciulle in chiesa, facciamo loro il catechismo; cosa buona. Ma dopo l’istruzione e le sacre funzioni, le fanciulle dove vanno? E cosa fanno? Sono troppo abbandonate a se stesse, e in pericolo di offendere il Signore, il che non mi lascia tranquilla … se nei giorni festivi le radunassimo nel nostro laboratorio e le conducessimo a divertirsi nel cortiletto, le avremmo sempre sotto i nostri occhi e le preserveremmo dai pericoli».

Un cuore ardente “contagiante”. Questa capacità di "contagiare" è il metodo che adotta per il resto della sua vita, arrivando a smontare così anche le resistenze della più restia delle ragazze che hanno avuto la fortuna di avvicinarla. Non chiede mai alle altre di fare cose che lei stessa non è in grado di fare, anzi spesso con se stessa è molto più esigente e si carica di fardelli sempre più pesanti senza dimenti­care di sorridere e incoraggiare il suo prossimo.

TERZO GIORNO

DALLA CIRCOLARE DELLA MADRE (n 996)

La situazione inedita che stiamo affrontando – e che a volte ci pesa – è un invito ad un modo diverso e di maggiore qualità per metterci in relazione tra noi, gioire delle piccole cose, far emergere il meglio di noi stesse, diffondere gesti di vera umanità nella gratuità; riscoprire la bellezza dell’affetto, della tenerezza donata anche con un solo sguardo che, a volte, vale molto più di tante parole; alimentare l’audacia del da mihi animas cetera tolle, trovando modalità creative per raggiungere i giovani che ci sono affidati; provare la gioia di dire grazie con sincerità, per il dono che gli altri sono per noi, anche quando le nostre giornate sono faticose. Penso che quando si perde il senso della gratitudine si perde anche la freschezza dell’amore, quell’amore che noi attingiamo ogni giorno dall’Eucaristia, dove il nostro cuore si incontra con il Cuore stesso di Cristo (cf C 40 e 49)

MADRE MAZZARELLO

“Saremo giudicate sull’amore”. Nella dura esperienza dell’agonia madre Mazzarello esprime l’orientamento abituale della sua vita conformata a Cristo e sostenuta da un ardente amore per Lui: “Gesù, Gesù, Gesù! … e si rammarica nel constatare poca coerenza di amore. Tra le stesse suore, infatti, serpeggiavano invidie, gelosie, desideri di dominio. Lo “spirito del mondo” penetra nelle comunità e mina alla radice la comunione. In pratica sono forme di incoerenza che toccano certe sorelle e che la fanno soffrire. E la Madre, in un’esperienza di profonda preghiera alla fine della vita, si rivolge a Gesù con queste parole: “Caro sposo celeste! Eppoi dicono di voler solamente voi! Ah, se vi conoscessero come io ora vi conosco”. Sono persone praticanti, ma non innamorate di Gesù e dunque non aperte alla comunione. (D.Lemoyen)

Lo stile relazionale si forma nel cuore, trasforma e fa crescere. È l’aspetto dinamico del cuore, Il cuore grande e generoso deve essere ardente, sempre in attività; come il fuoco che sale sempre più in alto se alimentato, emanando luce e calore e contagiando, trasformando in fuoco ardente tutto ciò che trova. “Amiamolo, amiamolo Gesù! … Oh, Gesù … basta dire che è Gesù” In questo amore si risolvono i problemi relazionali: “una figlia che ama veramente Gesù va d’accordo con tutte” (L 49,6). “La buona volontà dev’essere «vera e risoluta» (L 28,5); «Dovete vincere voi stesse, se no tutto diventa insoffribile e le malignità, come le pustole, risorgeranno nel nostro cuore» (L 22,21; «Nel vostro cuore compatite e usate carità con tutte» (L 25,2). «Ama tutti e tutte le tue sorelle, amale sempre nel Signore, ma il tuo cuore non dividerlo con nessuno, sia tutto intero per Gesù (L 65,3). “Abbiatevi grande carità, amatevi l’una con l’altra” (L 20,2), “State allegre neh? E sempre allegre, non offendetevi mai, anzi, appena vi accorgete che qualcuna abbisogna di qualche conforto fateglielo tosto e consolatevi, aiutatevi a vicenda” (L23,5) “Se io darò sempre buon esempio alle mie sorelle, le cose andranno sempre bene, se io amerò Gesù con tutto il cuore saprò anche farlo amare dalle altre” (L 11,2).

Nella comunità tanti cuori devono diventare uno. Nella prima conferenza alla comunità si è introdotta con la sua abituale umiltà, dicendo che non solo lei, povera vicaria, doveva mandare innanzi la casa secondo la Regola e i desideri di don Bosco, ma che ciascuna delle sorelle doveva e poteva esserle di aiuto e di consiglio; e che perciò ognuna doveva e poteva manifestare le proprie vedute ed opinioni, affinché tutto potesse procedere meglio in ogni senso.  Ognuna ha verso le altre il solo debito della carità, perché la presenza di Gesù è viva in mezzo a noi, è Lui la fonte della comunione”. (cf Cron. III,11)

La libertà dell’amore: equilibrio tra misericordia e verità. Lo stereotipo di madre Mazzarello come di una religiosa rigida, scrupolosa nell’osservanza, sempre mortificata in tutto, che si reprime a tutte le ore cede il posto ad una donna libera nell’amore, di quella libertà dello Spirito che fiorisce nei cuore docili alla sua azione. È la verità che la rende libera (cf Gv 8,32).

Neppure nell’osservanza della regola, madre Mazzarello dimostra rigidezza: il criterio che la muove è sempre quello dell’amore, e quindi cerca ciò che giova al bene della persona, alla sua salute, alla sua gioia. Guarda come si è comportata… È in viaggio con suor Giuseppina Pacotto e sentendosi sfinita, la Madre «risolve di accostarsi ad una bancarella per acquistare un po’ di pnce e frutta. Suor Pacotto che l’accompagna le fa osservare che, “forse come suore…!” E lei: “Macché! Solo fare il male non va bene!”. E fa la sua spesetta, servendosi poi tranquillamente della modesta provvigione, dopo averne passata la miglior parte alla vicina». (Cron III, 157-158)

Madre Mazzarello coglie dallo sguardo, dal comportamento le vere necessità di ciascuna: «Vedo che ci soffri a non parlare qualche po' durante il lavoro. Ti concedo dunque di dire qualche parola sottovoce alla tua vicina». Ad un'altra: «Hai fame, eh? Aspetta, vado a pren­derti un po' di pane!».(Cron III 188)