Padre nostro che sei nei cieli e in tutto il mondo, nella Chiesa, nell’Istituto, nella nostra Comunità. Sia santificato il tuo nome da ciascuna di noi nel profondo del cuore. Venga il tuo Regno nel mondo intero e nella nostra vita. Sia fatta la tua volontà come in cielo così in terra e nella nostra Comunità. Dacci oggi il nostro pane quotidiano, il pane della Parola, della condivisione, della fraternità e rimetti a noi i nostri debiti come noi, con il tuo aiuto, perdoniamo di cuore chi ci fa soffrire, Non abbandonarci alla tentazione, ma liberaci da ogni forma di male fisico e spirituale, Tu che sei nostro Padre Benedetto nei secoli! Amen

La favola della comunità ovvero una Comunità da favola (ogni riferimento a fatti e persone realmente esistenti è puramente casuale). C’era una volta una Comunità, in cui i ritornelli più frequenti erano: “A che punto!” “Così non si può andare avanti” “Le superiore devono metterci rimedio”. Le suore erano avanti con gli anni e piene di acciacchi: chi era sorda, chi camminava a fatica, chi non poteva masticare, chi era piena di dolori, per limitarsi agli acciacchi fisici, ma anche sui caratteri c’era qualche piccolo neo: chi era prepotente, chi egoista, chi curiosa, chi sgarbata, chi distratta, chi parlava troppo, chi parlava troppo, chi faceva tragedie di nulla, chi si offendeva, chi faceva capricci. Insomma un bel bailamme. Le superiore alzavano gli occhi al cielo. Pensa che ti pensa, pensarono poi di rivolgersi per primo ad un medico: prescrisse antidolorifici, antiinfiammatori, antidepressivi, antipiretici… anti-qualunque cosa, ma non si videro risultati. La preghiera era a dir poco… sgangherata: chi correva, chi andava a rilento come le tartarughe, chi urlava, chi bisbigliava, chi perdeva il segno, chi tossiva, chi scatarrava, chi sbuffava verso la vicina… per non parlare del coro a cinque voci molto dispari: c’erano gli usignoli e le stonate perse, le mute (non apro la bocca neanche morta) e chi cantava per conto suo. E se interpellassimo uno psicologo? fu la trovata successiva. Pensarono allora di rivolgersi ad uno psicologo che dopo attenta analisi prescrisse una psicoterapia individuale basata su colloqui, senza promettere nulla data l’età un po’ avanzata. Anche questa volta nessun risultato. E se invitassimo un sociologo? Fu la volta delle dinamiche di gruppo, dei grafici relazionali, delle statistiche… ma risultati nulla! Finalmente a qualcuno venne in mente di rivolgersi a tutti i santi e beati della Famiglia Salesiana. Qui venne incontro alla povera comunità una folla immensa di santi, beati, venerabili, servi di Dio, uomini donne, ragazzi, bambini, a capo della banda Don Bosco Santo, con i suoi riccioli al vento, la sua veste consunta con i rammendi d’oro, sorridente e simpatico come sempre. Gli bastò uno sguardo per capire il problema: “Ma è semplice” disse, “basta indossare per un po’ questi occhiali”. Così dicendo estrae dalla tasca logora un paio di occhiali modesti e un po’ retrò. “Chi vuol provare? Attenzione sono di marca”. Si fece avanti la più anziana che inforcati coraggiosamente gli occhiali bofonchiò: “Non vedo nulla”. “Un momento – disse don Bosco – bisogna abituarsi. Provi a fissare la persona con cui fa più fatica ad andare d’accordo”. La vecchietta, vincendo ogni ritrosia, puntò direttamente la suora in questione ed esclamò “Oh! Miracolo!”. Dentro le lenti vide una donna scelta fra mille dal suo Signore, che rispondeva generosamente di sì, e poi vide preghiere silenziose e ardenti e sacrifici nascosti e una lunga vita di fedeltà e amore ai giovani. Via via che si rivelava la vera essenza della sorella l’anziana suora strasecolava e sentiva nel suo cuore affetto sincero e ammirazione e gratitudine a Dio per la sorella. Tutte vollero fare la prova e tutte strasecolarono allo stesso modo, perfino la Direttrice, vista con quegli occhiali era amabile e generosa e indispensabile. La più curiosa chiese a Don Bosco “Ma come mai con quegli occhiali, vediamo cose che non riusciamo a vedere?”. “Ci credo” rispose allegro Don Bosco “sono gli occhiali di Dio!”. “Potremmo procurarcene tante paia e portarli sempre”, disse la più intraprendente. “Eh no!” Rispose Don Bosco “gli occhiali servono per allenamento, fino a quando non riuscirete a vedere tutti e tutto con gli occhi di Dio”. E salutò le suore festanti, certe che ormai potevano diventare una Comunità da favola!

Insegnami, Signore, a dire grazie: Grazie per il pane, il vento, la terra e l'acqua. Grazie per la musica e per il silenzio. Grazie per il miracolo di ogni nuovo giorno. Grazie per i gesti e le parole di tenerezza. Grazie per le risate e per i sorrisi. Grazie per questa Comunità. Con tutti i suoi limiti e fragilità. Grazie per la Direttrice che si impegna a farla crescere. Grazie per l’amore che nonostante tutto riusciamo ad esprimerci. Grazie per tutto ciò che ci aiuta a vivere, nonostante le sofferenze e lo sconforto. Grazie a tutti quelli che amiamo e che ci amano. E che questi mille ringraziamenti si trasformino in un'immensa azione di grazie quando ci rivolgiamo a te, fonte di ogni grazia e roccia della nostra vita. Grazie per il tuo amore senza confini. Grazie per il pane dell'Eucarestia. Grazie per la pace che viene da te. Grazie per la libertà che tu ci dai. Proclamiamo la tua lode per la nostra vita che è nelle tue mani e per le nostre anime che ti sono affidate. Per le grazie di cui tu ci inondi e che non sempre sappiamo riconoscere. Dio buono e misericordioso, che il tuo nome sia benedetto, sempre. Amen