È interessante notare che nella tradizione bizantina viene celebrata come “festa dell’evangelizzazione della Madre di Dio”: Maria è stata “evangelizzata”, è stata cioè raggiunta dalla buona notizia che Dio si umanizzava, si coinvolgeva totalmente nella storia degli uomini, e che a tale scopo aveva posto su di lei il suo sguardo di amore.

A guidarci oggi è il racconto evangelico di Luca. Un testo che lungo i secoli ha acceso la fantasia di molti artisti, ma che anzitutto ci invita a contemplare la fantasia di Dio; le sue “stranezze”, verrebbe da dire. Sceglie di farsi uomo nel Figlio, e lo fa nell’inermità di un bambino, che verrà al mondo in una stalla. E chiama a diventare madre una sconosciuta ragazza della “periferia”, che solo lo sguardo di Dio sa scovare. Una logica all’incontrario rispetto alla nostra, se pensiamo a quanto cerchiamo la visibilità, il riconoscimento, il consenso. Stranezze di un Dio che segue vie che noi mai e poi mai gli avremmo suggerito…

Proviamo ad accostarci al testo evangelico con uno sguardo realistico, sganciandoci da certi stereotipi romantici o devoti. Quella di Maria di Nazaret è un’esistenza dal percorso già tracciato: concessa dalla famiglia in matrimonio a un uomo di nome Giuseppe, verosimilmente senza che le sia stato chiesto il suo parere. Una storia apparentemente già determinata, in cui, secondo il quadro culturale dell’epoca, alla donna non è data la possibilità di parola.

Ed ecco che interviene Dio. Non in modo clamoroso, ma discreto, mediante la sua parola. La parola di Dio, attraverso la mediazione dell’angelo, fa irruzione nella vita di Maria e la orienta in modo nuovo, inatteso. Ma senza imporsi, anzi dando a Maria la parola, chiedendole di aderire al suo progetto. Sì – come osserva Elian Cuvillier –, in una vicenda in cui nessuno ha dato a Maria la parola, nessuno le ha chiesto il suo parere, Dio è il primo a darle la parola!

Certo, il progetto di Dio scombina il quadro già delineato. Da qui domande, turbamenti, timori. Di fronte a Dio non siamo mai adeguati, mai all’altezza; non siamo mai del tutto pronti. Ma Dio non ci chiede di negare le nostre paure e i nostri turbamenti, così come non ci impedisce di porre domande, di cercare un senso a ciò che ci accade. Porre domande significa porci dinanzi a lui con la nostra intelligenza, è segno della nostra dignità di persone fatte libere e responsabili. È dire a Dio i miei desideri e le mie attese, ma poi arrivare ad accogliere desideri e attese che mi superano.

“Rallegrati! … Non temere!”: l’intervento di Dio invita alla gioia, e la rende possibile. È una gioia che non nasce però dalla realizzazione di un progetto personale, bensì dal lasciarci dilatare all’ampiezza del progetto di Dio. Scoprendo che c’è su di noi uno sguardo di grazia, c’è un amore preveniente e gratuito. Maria viene chiamata dall’angelo Kecharitoméne, che non significa “piena di grazia”, come se fosse una qualità che lei possiede (meritocrazia!), ma vuol dire “colmata di grazia”, di cháris, cioè amata gratuitamente e per sempre da Dio. È nello spazio di tale amore che Maria può liberamente dire il suo “eccomi”. Libera serva del Signore!

Fratel Valerio

Da https://www.monasterodibose.it/preghiera/vangelo-del-giorno/14455-annunciazione-del-signore