Questa volta la Celebrazione non ha avuto luogo a Torino, a causa del Covid-19, bensì nella cappella della Sede Centrale SDB, vicino alla Basilica del Sacro Cuore. Il Rettor Maggiore ha presieduto l’Eucaristia ed erano presenti la Madre e altre sorelle, così come alcuni SDB: un gruppo ristretto, però tutto è stato straordinario nella semplicità, vissuto intensamente come profonda esperienza di vita. Ringraziamo il Signore per queste sorelle che, di fronte ad una chiamata così speciale, hanno avuto il coraggio di dare una risposta libera e generosa.

Nel messaggio del mese scorso abbiamo contemplato il cuore di Maria, la Madre sempre presente che, nelle Nozze di Cana, anticipa l’ora di Gesù e lo aiuta a compiere il miracolo della vita e della vita in abbondanza. Lei, la donna in uscita, ci fa sentire con forza ancora una volta: «Fate tutto quello che Egli vi dirà» (Gv 2,5), perché soltanto facendo quello che Gesù ci dice, possiamo essere comunità generative di vita nel cuore della contemporaneità.

Il secondo capitolo del Vangelo di Giovanni, inizia con il racconto che conosciamo: «Tre giorni dopo, ci fu uno sposalizio a Cana di Galilea e c’era la madre di Gesù. Fu invitato alle nozze anche Gesù con i suoi discepoli». Questo è stato il brano che ha illuminato la nostra riflessione nel mese di gennaio. Poi, Giovanni continua: «Nel frattempo, venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: “Non hanno vino”. E Gesù rispose: “Che ho da fare con te, o donna? Non è ancora giunta la mia ora”» (Gv 2, 3-4).

Questo rapido dialogo tra Maria e Gesù può suscitare una certa perplessità in noi, soprattutto quando la nostra attenzione si sofferma sulla domanda: “Che ho da fare con te, o donna?”. Vorrei, tuttavia, invitarvi a rileggere questi due versetti da un’altra prospettiva: quella dello sguardo di Maria!

Dopo aver contemplato il cuore di Maria, la Madre che partecipa alla vita di suo figlio, Gesù – come alla vita di tutti noi, suoi figli – e che, proprio perché Madre, generatrice di vita, è presente alla festa della vita, mi sembra importante riproporre quello che tutte noi già sappiamo: la presenza di Maria alle Nozze di Cana non era una presenza passiva, indifferente, una presenza di “invitata” soltanto, ma una presenza attiva, con una visione di insieme, che si è accorta e si è resa conto di quello che stava accadendo.

“Non hanno vino”. Maria è capace di rivolgere queste parole a Gesù perché ha avuto uno sguardo di madre, lo sguardo che sempre accompagna la vita di un figlio. Maria, con il suo sguardo delicato, discreto e attivo intuisce le difficoltà e invita, anzi, ‘convoca’ alla partecipazione: “Non hanno vino”.

Nella Lettera di convocazione al Capitolo generale XXIV, leggiamo: «Maria ci insegna ad avere uno sguardo educativo, aperto sulla realtà, ad intuire i bisogni dei giovani di oggi e a considerarli interlocutori, insieme ai laici, nella missione, valorizzando le loro potenzialità. Ella ci educa all’ascolto obbediente di Gesù che, con il Suo Spirito, rigenera le nostre comunità operando il miracolo del vino nuovo per la gioia di tutti» (Circolare 985).

Il tema dello sguardo è molto affascinante! Pensiamo agli sguardi di Gesù raccontati dai quattro evangelisti. Come guardava Gesù? Chi guardava? In quale direzione? E chissà con quale profondità, intensità… alcune volte con tristezza, oppure con compassione…! Gesù sicuramente avrà imparato da Maria non solo a ‘guardare’, ma ad agire dopo ogni sguardo. Uno sguardo, tantissime volte, vale più di mille parole! Tutte di sicuro lo abbiamo sperimentato.

Lo sguardo di Maria alle Nozze di Cana coglie l’imbarazzo degli sposi a causa della mancanza di vino. Quello stesso sguardo lei lo rivolge al Figlio, e condivide con lui la difficoltà del momento: “Non hanno vino”.

Possiamo pensare anche allo sguardo di Don Bosco, di Madre Mazzarello, dei nostri genitori, di quanti hanno collaborato alla nostra crescita, di tutte le persone care e importanti che ci hanno insegnato a guardare la vita, la gente, gli avvenimenti con occhi di fede, di fiducia, di speranza!

Pensiamo agli sguardi del nostro quotidiano, nella nostra missione educativo-evangelizzatrice. La Circolare 985 dice che «le comunità oggi riconoscono che tante volte manca il vino della conversione pastorale; è debole ancora lo sguardo che sa cogliere le opportunità di discernere il “sapore” del vino nuovo nei sogni dei suoi membri e negli avvenimenti».

Carissime sorelle, come sarebbe bello fare un esercizio costante e vigilante per valutare la qualità del nostro sguardo in modo da poter coltivare uno “sguardo integrale e positivo”, uno “sguardo profetico”, uno “sguardo allargato”, molto missionario, che sia capace di abbracciare il dolore nascosto e la sofferenza muta dei nostri giovani, delle nostre realtà, all’interno delle nostre comunità religiose ed educanti, uno sguardo di vicinanza e prossimità, nonostante la pandemia che ci sollecita a mantenere il distanziamento sociale e interpersonale.

Vorrei concludere questa riflessione richiamando le parole di Papa Francesco di un anno fa: «Chi tiene lo sguardo su Gesù impara a vivere per servire. Non aspetta che comincino gli altri, ma si mette in cerca del prossimo […]. Oggi c’è bisogno di sguardi che cerchino il prossimo, che avvicinino chi è distante. I religiosi e le religiose, uomini e donne che vivono per imitare Gesù, sono chiamati a immettere nel mondo il suo stesso sguardo, lo sguardo della compassione, lo sguardo che va in cerca dei lontani; che non condanna, ma incoraggia, libera, consola, lo sguardo della compassione. […] Lo sguardo dei consacrati non può che essere uno sguardo di speranza. […] Ecco il segreto: non allontanarsi dal Signore, fonte della speranza. Diventiamo ciechi se non guardiamo al Signore ogni giorno. […] Chiediamo uno sguardo nuovo, che sa vedere la grazia, che sa cercare il prossimo, che sa sperare» (1 febbraio 2020).

Lo sguardo di Maria, nelle Nozze di Cana, era uno sguardo fatto servizio. Ci auguriamo che il nostro sguardo si lasci trascinare dallo sguardo materno di Maria che intuisce le difficoltà e convoca alla partecipazione: “Non hanno vino”.

A ciascuna di voi, carissime sorelle, il mio fraterno abbraccio e la certezza di un’intensa comunione nella preghiera, con lo sguardo rivolto a Gesù.

Suor Alaide Deretti, Consigliera per le Missioni