Prospettive di pace e di rispetto per i deboli, in nome di qualcosa che tutti condividiamo: essere nati da una donna, ed essere vivi perché una donna ci ha accettati nel suo ventre e ci ha accuditi da piccoli, finché non siamo stati in grado di badare a noi stessi. Questa caratteristica comune del genere umano non è solo un fatto biologico, ma un’esperienza complessa che comprende dedizione gratuita, rinuncia a sé a favore di un altro, senza la prospettiva di alcun compenso. Anzi, sapendo che chi abbiamo aiutato se ne andrà, necessariamente, per la sua strada.

Se, nella tradizione cristiana, siamo considerati tutti uguali perché tutti figli di Dio, possiamo aggiungere che nell’esperienza di tutti gli esseri umani, di qualsiasi etnia o religione essi siano, c’è l’origine da un corpo materno, dalla dedizione gratuita di una donna. Nato di donna è il titolo di un famoso libro di Adrienne Rich, che ricorda a tutti gli esseri umani questa comune origine.

Ogni donna, in quanto madre potenziale, rappresenta quindi la possibilità, il ricordo, il simbolo, di questa dedizione gratuita – quasi sempre l’unica di questo tipo che sperimentiamo nella vita – e proprio per questo la sua presenza fragile e disarmata è tanto potente da fermare gli eserciti.

Una psicanalista e scrittrice, Silvia Vegetti Finzi, una filosofa femminista, mente pensante del femminismo italiano, Luisa Muraro, e una grande giornalista, Lucia Annunziata, commentano queste immagini e ci conducono a leggerle nella loro profonda realtà. Non ci resta che leggerle aprendo il cuore alla speranza, ricordando che nel cristianesimo la salvezza dipende dal sì di una ragazza giovanissima, incredibilmente coraggiosa.

Lucetta Scaraffia