Questi cinque giorni, sotto il titolo Silenzio. Ascoltiamoli. Formare i giovani correndo insieme verso il risorto, hanno visto un susseguirsi di interventi centrati sul delicato fronte della formazione dei giovani religiosi. Protagonisti di questi interventi sono stati sia consacrati "esperti" del tema sia, in piena linea con il tema, giovani consacrati ancora impegnati in prima persona nella formazione iniziale.

A quattro giovani, tra i quali una Figlia di Maria Ausiliatrice, è stato dedicato tutto lo spazio della prima giornata. Nella mattina ciascuno ha esposto la propria esperienza di formazione e la visione che da essa è maturata, mostrando le ricchezze e le criticità. Nel pomeriggio, l'assemblea ha avuto modo di interpellare i quattro giovani su alcuni aspetti particolarmente importanti evidenziati nella mattina. In questa giornata i giovani sono stati i conduttori del convegno, rivelandone eccellentemente gli intenti e le finalità.

Le successive conferenze sono state offerte da Don Rossano Sala sdb, suor Roberta Vinerba, Padre Gaetano La Speme, sr. Mariachiara Vighesso. Non sono mancati, inoltre, momenti di confronto e lavoro laboratoriale per focalizzare in aspetti maggiormente concreti quanto trattato in assemblea.

Un ultimo fattore importante del convegno lo abbiamo trovato nel clima di fraternità e aperta condivisione nato da subito tra i 230 partecipanti, religiosi e religiose, di numerosi ordini e portatori di carismi diversi, che testimoniano il quadro variegato della nostra Chiesa.

Gabriele Calabrese e Paolo Torella, sdb

Sintesi di don Beppe Roggia – Non abbandonare i sogni, se puoi. Dagli forza e consistenza… e poi lascia sian loro a prenderti e portarti un’altra volta via di qui… Ti andrebbe di cambiare il mondo con me? – Sono alcune espressioni di una canzone di Renato Zero dal suo ultimo album, il 35°, per i suoi 50 anni di carriera. Una canzone sintomatica di due enormi sensazioni ed emozioni, che premono sul cuore di tutti in questo tempo: il bisogno di cambiare il mondo ma insieme la paura di rischiare.

Risultato? Una fatale paralisi di gente rassegnata. Di fronte alla terra malata, intossicata da smog e da rifiuti, alla vita violata in tante forme, con il potere che annebbia le relazioni e il denaro che costruisce grattaceli di illusioni, come reagisce normalmente la gente, come reagiscono per lo più i giovani, loro che sono i sismografi e le sentinelle del nostro tempo (Sala)?

Tanta paura e ansia come passioni dominanti, che incrementano ancora di più l’epoca, la nostra epoca, delle passioni tristi. Eppure il cuore di ogni uomo e donna della terra, il cuore di ogni giovane avverte dentro l’urgenza e il bisogno di cambiare il mondo, di essere artigiani protagonisti del futuro. Un cuore che troppo spesso non parte e non si lancia. Dobbiamo saper leggere i segni dei tempi e comprendere la realtà non a tavolino ma nel contesto e originalità di questo tempo, per rispondere alle interpellanze delle domande del presente, con tanti punti interrogativi più che esclamativi, per la costruzione i un ponte comunicativo tra i giovani e generazioni pregresse (film Tutto quello che vuoi).

È con questa preoccupazione di fondo che ci siamo trovati quest’anno all’appuntamento di Collevalenza (223 convegnisti, 74 religiosi, 149 religiose) a vivere la grazia di questo convegno. Siamo convinti che solo ricuperando la nostra umanità avremo anche la capacità per tentare vie originali. Infatti non si può fare la formazione limitandoci a tenere la Ratio in mano, col grosso rischio di consegnare la forma e prendere la sostanza.

Tutti, giovani, Formatori/trici, Superiori/e, alla scuola dello stesso Maestro, dobbiamo riconoscere la realtà di un legame orizzontale e verticale tra le nostre generazioni, nelle quali i giovani giustamente sentono di avere dentro il fuoco, sia della propria persona che del carisma e insieme noi adulti, come figure autentiche, chiamate a fare da ponte tra loro e Dio. Figure esemplari, veri mentoring, non perché si limitano a parcheggiare i giovani in una conformazione esteriore di compartimenti secondo la regola e le indicazioni imposte dall’alto, quanto offrire ispirazione, perché questo fuoco, che essi portano dentro, possa avvampare e incendiare il nostro tempo per un’umanità veramente nuova. E ce la caveremo, perché insieme ci si aiuta a portare il fuoco. Tutto questo in una tensione bipolare tra la pienezza e il limite che tutti viviamo (cf. EG 222). La grande convinzione maturata in questo Convegno è che Cristo chiama ognuno a lasciare un segno di Vangelo nel mondo e nella vita; i giovani possono insegnare a noi adulti, imprimiamo delle orme (Vinerba).

Allora non può predominare la stagnazione ma deve essere rilanciata la generatività. Il nostro tempo è a forte rischio di sterilità, non solo per l’inverno demografico che attanaglia li nostre regioni ma per l’incapacità diffusa a compiere quel movimento fondamentale di ogni persona in qualsiasi vocazione che è appunto la generatività, la capacità di dare inizio, fare fiorire, portare al mondo qualcosa non da consumare ma da far durare (Vighesso).

In questi giorni abbiamo tracciato un paradigma della generatività, che potrebbe essere raccolto in tre passi di consapevolezza e di cammino insieme: attese – domande – risposte.

Attese: oltre i miti di Prometeo, Dionisio, Icaro, Narciso con cui dipingiamo sovente l’identikit dei giovani contemporanei, l’immagine più significativa che li rappresenta sembra quella di Telemaco, che in una società senza padri, vive il dramma della nostalgia, dell’attesa, dell’invocazione in cerca di adulti significativi (Sala) e non di adulti in competizione a chi diventa più adolescente (Vinerba).

Domande: il rapporto riconquistato fra le generazioni ci mette nella logica de dono, del mettere al mondo, nell’esercizio di dare vita non attraverso logiche di consumo ma attraverso logiche donative, oltre le fatiche e le paure della perdita. Proprio l’esperienza della perdita ci fa cogliere lo spazio del sono e può favorire il dialogo e la collaborazione adulti e giovani (Vighesso), Possiamo mettere al mondo perché noi per primi siamo stati messi al mondo. I giovani sono stufi di essere considerati una categoria svantaggiata, destinatari passivi di programmi politici, sociali, economici ed ecclesiali promossi da altri, con spazi troppo limitati e pochi stimoli utili per loro. Occorre risvegliare la loro disponibilità alla partecipazione da protagonisti, nella mobilitazione in azioni concrete con tante opportunità, senza perdersi nel gioco di girare attorno al proprio ombelico come fosse il centro del mondo.

Risposte: riscoprire una nuova sorgente di dialogo intergenerazionale, anche se, più che sovente, sarà di ascesi delle relazioni, accoglienza dei conflitti, con l’atteggiamento di farsi piccoli e un rovesciamento dalle proprie posizioni per essere generativi (La Speme, Vighesso). Solo così è possibile dare il via a cammini concreti di:

  • Accompagnamento: uscire da sé e fare accoglienza globale dell’altro con un interesse che lo rende interiorizzato (La Speme, Vighesso)
  • Discernimento: il rapporto fra le generazioni di concretezza al discernimento, perché la vita fraterna è il luogo idelae del discernere e l’unica via per incontrarsi con gli altri; sapendo che il tempo perso nelle relazioni dà valore alle relazioni stesse (La Speme) abilitandosi a cercare insieme nel vangelo e nella vita concreta fra osservanza e profezia, con libertà e fiducia (Vighesso)
  • Integrazione: non è più l’epoca del mondo dei giovani diviso dal mondo degli adulti. Ci vuole integrazione fra autorevolezza vicendevole e prendersi cura (Vighesso).

Il tutto con la grande pazienza dei tempi di Dio. La vita corremmo già saperla tutta, ma questa non è fede. L’importante tuttavia è che già da ora, i giovani e meno giovani, continuino a correre insieme verso il Risorto.

Messaggio dei formandi presenti al Convegno – Cari formatori e formatrici grazie: per la fiducia che ci avete dato e il rischio che avete corso nel darci la parola; per l’ascolto colmo di rispetto e ricco di pazienza, per lo spazio che avete dedicato e che ci ha permesso di raccontare e condividere, attraverso le nostre esperienze, la formazione che sogniamo.

Con il nostro grazie, dopo questi giorni di condivisione, osiamo consegnarvi un piccolo augurio, le sette Beatitudini del formatore:

Beati voi quando accoglierete, con tenerezza di madri e fermezza di padri, le persone che vi sono affidate e che bussano alla vostra porta cercando un senso e una meta.

Beati voi quando, chi avrete davanti, vi dice quello che pensa anche a costo di perderci e pur sentendo che le vostre prospettive sono rovesciate, non vi sentirete frustrati.

Beati voi quando non avrete paura di mostrare luci e ombre e con la vostra fede e ricerca coerente di Gesù sarete chiari ed esigenti.

Beati voi quando, in mezzo ad errori e cadute con qualche lacrima, potrete ammettere di non “aver capito niente” per poi ricominciare.

Beati voi quando, di fronte al Vangelo di Gesù Maestro, vi sentirete in difetto di misericordia e fiducia.

Beati voi quando, con entusiasmo e fede, continuerete a coltivare il desiderio di confronto e formazione.

Beati voi, infine quando, non sapendo cosa fare nel buio del cammino, sarete comunque al nostro fianco e con la vostra vita rimanderete all’unico Maestro.