Roma, 13 maggio 2023 – Santa Maria Domenica Mazzarello, di cui il 13 maggio la Famiglia Salesiana celebra la Solennità, nella sua missione di Confondatrice dell’Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice, ha consegnato alle sue figlie e a quanti con loro condividono la missione educativa un’eredità preziosa che può illuminare le sfide dell’oggi. Tra queste, la più urgente e disattesa rimane quella della pace. Che cosa può dire al riguardo la Santa di Mornese?

Leggendo il testo delle Lettere di Santa Maria Domenica Mazzarello, la parola pace ricorre due volte.

La prima volta, in una datata ottobre 1876 e indirizzata al Direttore generale don Giovanni Cagliero, nella quale ella ringrazia della lettera ricevuta e dà notizie della casa di Mornese. Scrive così: “Prima credo bene dirle che finora vi fu sempre la pace, l’allegria e la buona volontà di farsi sante in tutte e ne ringrazio Iddio. A dir vero io resto meravigliata ed insieme confusa guardando tutte queste figlie sempre allegre e tranquille. Si vede proprio che malgrado la mia tanto indegnità la cara nostra Madre Maria SS. Ausiliatrice ci fa proprio delle grandi grazie” (L. 7,2).

Con il realismo che la caratterizza, Maria Domenica non dà per scontato il clima che si respira nella comunità, ma lo attribuisce all’intervento attivo di Maria Ausiliatrice. Se la sua concretezza la porta a riconoscere le difficoltà, la fede le consente di rallegrarsi nel vedere che «Il frutto dello Spirito è amore, gioia, pace, magnanimità, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé» (Gal 5,22) nella comunità che anima. Sa bene che ciò avviene appunto per opera di Dio. In comunità, proprio come in famiglia, le situazioni e i caratteri diversi mettono quotidianamente a rischio la pace, la comunione, la gioia che, perciò, non possono mai essere considerate definitivamente raggiunte.

D’altra parte, “la buona volontà di farsi sante in tutto” e le “grandi grazie” che fa Maria Ausiliatrice consentono di superare ogni ostacolo. Mornese e poi Nizza Monferrato non furono comunità esenti da problemi e conflitti relazionali, anche di una certa rilevanza. La Cronistoria dell’Istituto delle FMA ricorda: “Pur fra tanto fervore di preghiere e di opere, non mancano nella comunità motivi di inquietudine e di disagio, per le condizioni di vita sempre alquanto difficili”. Il malcontento serpeggia e allora “Bisogna correre ai rimedi, e anzitutto implorarli dal cielo. Perciò la madre, udito dal direttore che don Bosco, in casi simili, aveva disposto di far dire a tutta la comunità una Ave Maria per la pace in casa, si determina per questa importante aggiunta alle preghiere quotidiane. La Madonna, come vera superiora, provvederà. Per parte sua, la madre non manca di parlare della necessità di essere umili e sottomesse. Lo ricorda soprattutto nella conferenza domenicale, cui è puntualissima, e durante la quale desidera che ciascuna dica con libertà quanto le pare utile alla casa e alle anime” (Cronistoria, II 143 – 144).

Oltre alla preghiera e alle esortazioni, occorre dare spazio a ciascuna, incoraggiarla ad esprimersi, invitarla a rendersi corresponsabile nella costruzione della comunità. Ma anche in altre comunità ci furono problemi. A Don Bosco, il Fondatore, nel 1880, scrive: “La Vicaria, Suor Cat.[erina] è andata a fare una visita a Saint-Cyr, dove pare vi fosse stata qualche piccola cosa da aggiustare, cosa però da nulla, sa? Vorrei che me la lasciassero venire presto perché ho bisogno che mi aiuti e con le figlie e per le scuole” (L. 48,9). Infatti, Suor Caterina Daghero, eletta Vicaria generale nell’agosto 1880, era stata la Direttrice precedente. Quando al suo posto ne venne nominata e inviata un’altra, non fu accolta benevolmente dalla piccola e giovane comunità.

In ottobre, la Madre scrive una lettera alle suore e afferma: “Vedete, alle volte, la nostra immaginazione ci fa vedere delle cose nere nere, mentre son del tutto bianche, queste poi ci raffreddano verso le nostre superiore e poco a poco si perde la confidenza che abbiamo verso di esse. E poi che cosa ne viene? viviamo male noi e facciamo viver male la povera Direttrice. Con un po’ di umiltà tutto si aggiusta. Datemi presto questa consolazione, mie care figlie, amatevi fra voi con vera carità, amate la vostra Direttrice, consideratela come se fosse la Madonna e trattatela con tutto rispetto” (L 49,2).

Il segreto della pace è l’umiltà con la quale riconoscere che certe situazioni sono anche frutto della propria “immaginazione” o proiezione, come direbbe la psicologia odierna. Solo un coraggioso e costante discernimento consente di giungere alla verità di se stessi e a una visione più oggettiva. D’altra parte, per vivere relazioni più autentiche è necessario un clima sereno e l’impegno coraggioso di ciascuno nel cammino di conversione.

La parola pace appare poi in una lettera del dicembre 1878 indirizzata alla Direttrice della Casa di Montevideo-Villa Colón, suor Angela Vallese: “State allegra e non tante paure nei vostri difetti di non potervi emendare tutto in una volta, ma a poco a poco, con buona volontà di combatterli, non facendo mai pace con essi tutte le volte che il Signore ve li fa conoscere; voi fate le vostre parti per emendarvi, vedrete che una volta o l’altra vincerete tutto! Coraggio adunque, gran confidenza in Dio e un buon spirito di disprezzo di voi stessa e vedrete che tutto andrà bene” (L 17,4).

Si tratta di una delle raccomandazioni più frequenti della Madre, sempre unita all’invito all’allegria fondata sulla fiducia nella Grazia. È il segreto di comunità che hanno lasciato una traccia indelebile nella vita di tanti giovani divenendo con loro “operatori di pace”.

Fonte: Istituto FMA