Nel contesto della Liturgia della Parola, si può scorgere questa salvezza, che in origine era annunciata alla comunità degli esuli, rimpatriati a Gerusalemme per la sua ricostruzione, e che ora avviene nell’evento della presenza della signoria e regalità del Messia in mezzo al popolo del Signore, pienamente visibile da tutti i confini della terra.

A questo orizzonte universale si volge anche il Sal 97 con l’invito: Acclami il Signore tutta la terra. Infatti il Signore ha fatto conoscere la sua salvezza e davanti a tutti i popoli ha rivelato la sua giustizia. Dio ha dato prova della sua giustizia che consiste nel far prevalere il suo amore e la fedeltà alle sue promesse. Dio ora, in modo decisivo, ha realizzato le sue promesse mandando il Messia che oggi celebriamo presente tra noi. La manifestazione della sua potente salvezza instaura la regalità divina sui popoli e imprime a tutta la storia umana la direzione della giustizia e della rettitudine.

Il prologo con il quale si apre il Vangelo di Giovanni è un raffinato inno cristologico che racchiude l’intera missione di Gesù e vuole svelarne i significati nella storia della rivelazione e nella storia umana. In questa Liturgia l’inno è proclamato perché la comunità messianica contempli e si appropri nella fede dell’evento mirabile del Verbo che si fece carne che ha provocato «il misterioso scambio che ci ha redenti». Un duplice movimento è presentato. Il primo è quello della rivelazione e dell’incarnazione del Logos, il Verbo, che è la Parola e la Sapienza con cui Dio ha creato e intessuto il mondo e tutto ciò che esiste (cf. Pr 8,22; Sir 24,1). La presenza del Logos Verbo trasmette alla realtà e agli esseri umani, ciò che profondamente sperano, la vita, che è la vita di Dio, la possibilità di realizzare la vita nella sua pienezza di significato e di consistenza. Nel contempo, il Logos Verbo con la vita offre la luce agli uomini. Egli rivela il progetto e il senso dell’esistenza umana, e la via da percorrere per raggiungerli e realizzarli. E questa luce brilla anche nelle tenebre, che si fanno spazio nella storia quando l’umanità rifiuta di comprendere e accogliere il Logos Verbo di Dio. Da questo rifiuto ne consegue sempre un insopportabile carico di smarrimento e di devastazione che minaccia il genere umano e il cosmo. Nel dramma tra la luce e le tenebre che si gioca all’interno di ogni persona e nell’arena della storia, la vittoria, afferma il poema, è quella della luce, la luce di Dio. Infatti questa luce vera, capace di illuminare ogni uomo, è venuta del mondo: il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi. Il Logos, che era presso Dio, ha preso il volto umano, entrando nella storia e assumendola per trasfigurare l’umanità. Questo movimento dell’incarnazione del Verbo, che trova la sua concretezza nella persona e nella vicenda di Gesù di Nazareth, morto e risorto, colui che dà la sua carne per la vita del mondo (Gv 6,51), rivela quanto Dio ama l’umanità, dalla quale vuole allontanare le tenebre, e quanto alto è il valore accordato alla dignità umana, che è scelta per la venuta del Verbo nel tempo e nel mondo.

Il secondo movimento deriva dal significato e dallo scopo dell’irruzione del Logos Verbo nella storia umana: egli ha posto la sua tenda in mezzo a noi. Il Logos Verbo incarnato è lo spazio nel quale si manifesta la gloria, la presenza di Dio tra gli uomini; egli è la dimora stabile. Inoltre, la gloria che traspare nel Logos Verbo è quella del Figlio unigenito che viene dal Padre, ricolmo di grazia e di verità che testimonia l’amore e la presenza di Dio e la realtà di Dio quale fondamento della vita. Pertanto, a coloro che riconoscono e accolgono la sua testimonianza, che si incamminano verso la sua luce, è dato il potere di diventare figli di Dio. Costoro sono generati alla vita di Dio e alla relazione familiare compiuta con il Padre, mentre la loro umanità è colmata dell’amore di Dio e partecipano della stessa vittoria della luce sulle tenebre. L’accoglienza umana del Logos incarnato eleva a Dio e offre un’identità nuova, quella di figli di Dio con i doni della vita e della luce, dell’amore e della verità. Questo è il mirabile prodigio della redenzione del Signore che si china e abbraccia la condizione umana per innalzare a sé e alla vita divina l’umanità.

Il prologo della lettera agli Ebrei richiama l’attenzione sul fatto che Dio dopo aver parlato in molti modi e attraverso i profeti, lungo la storia della rivelazione, ora ha parlato per mezzo del Figlio, il Messia. Il Figlio, che è mediatore della creazione e il redentore, erede di tutte le cose e del nome divino, esercita la regalità intronizzato alla destra della maestà divina. E l’opera del Figlio, culminata nella redenzione, ha inaugurato il tempo ultimo, escatologico e apocalittico, della dimora permanente di Dio con noi, della salvezza accessibile nel suo compimento. In questo tempo “ultimo” la comunità credente ha il privilegio di vivere di continuo.

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