Mi sono venute in mente queste due frasi, ripensando alla vita consacrata paragonata da Giovanni Paolo II alla scena del profumo di Betania (cfr. Giovanni 12, 1-8): «Da questa vita “versata” senza risparmio si diffonde un profumo che riempie tutta la casa. La casa di Dio, la Chiesa, è oggi, non meno di ieri, adornata e impreziosita dalla presenza della vita consacrata»: per questo la Chiesa «non può assolutamente rinunciare alla vita consacrata, perché essa esprime in modo eloquente la sua intima essenza “sponsale”» (Vita consecrata, 104). È forse la prima volta che il magistero ha fatto ricorso a questa analogia, ma certamente è molto suggestivo l’accostamento, che poi nello stesso testo viene ripetuta quando evoca la «sovrabbondanza di gratuità e di amore» (ivi, 105).

L’arditezza, ma anche l’originalità della metafora, mi ha convinto a suo tempo a intitolare Il profumo di Betania (Edizioni Dehoniane Bologna) il mio commento alla esortazione apostolica: era veramente qualcosa di nuovo. Certo nella letteratura spirituale, in particolare quella mistica, l’icona di Betania – a volte sovrapposta a quella della donna innominata nella casa di Simone lebbroso: cfr. Marco 14, 3-9; Matteo 26, 6-13; Luca 7, 36-50 – ricorre con una certa frequenza, sottolineando qua e là dei particolari. Come fa per esempio Teresa di Lisieux, che dà rilievo al vasetto «spezzato», e quindi alla perdita totale del profumo, irrecuperabile.

A pensarci bene l’olfatto rimanda con immediatezza ai profumi, e questi a un mondo sensuale dalle connessioni complesse e dai riverberi che danno vertigini. Per questo l’olfatto potrebbe essere considerato poco adatto alla vita religiosa e alla stessa religione. Invece la Bibbia è un libro pieno di profumi, a volte con nomi misteriosi, altre volte più familiari. «Profumo e incenso allietano il cuore» si legge nel libro dei Proverbi (27, 9). A sua volta il Cantico dei cantici – un classico riferimento dei mistici e anche della vita consacrata – è il libro più vertiginosamente esposto a sensi corporei e perfino erotici, e forse per questo è anche il più profumato. Il reciproco gioco dell’incontrarsi e del cercarsi, del conoscersi e dell’amarsi fra amato e amata è mescolato con i profumi del corpo e della natura.

L’olfatto è il più enigmatico dei cinque sensi, e del suo funzionamento sappiamo poco. Ma l’industria delle fragranze è sempre stata molto attiva, piena di esperimenti e curiosità, anche fra i religiosi. Un classico esempio, ancora oggi considerato un pioniere e un maestro, è il religioso francese Louis Feuillée (1660-1732), dell’ordine dei minimi, botanico, geografo, viaggiatore per conto di Luigi XIV. E i monasteri da sempre sono luoghi di alchimie ed essenze, dal misterioso cenobio di Qumran fino a oggi. Quanti profumi, creme, distillati, essenze non hanno inventato monaci e monache!

Un commento ebraico alla Scrittura afferma che l’olfatto è l’unico dei cinque sensi che non ha partecipato al peccato delle origini e per questo ha una sua nobiltà al servizio dell’anima. Anche il messia che verrà «avrà il profumo del timore del Signore» (Isaia 11, 3). Nella Bibbia vi sono continui riferimenti alla gioia dei profumi e alle loro varietà, ma anche a conseguenze contrarie, come il fetore, per chi si allontana dal Signore. Una vera festa dei profumi si trova nei vangeli. Incominciano i magi con la mirra donata al neonato Gesù, e si termina con la tristezza delle mirofore, le donne che portano profumi per ungere il corpo del maestro la mattina dopo il sabato e che diventano invece le testimoni privilegiate della risurrezione.

Intorno alla morte del maestro vi è un eccesso di profumi: ben trentadue chili quelli portati da Nicodemo per la sepoltura e almeno tre vasetti di aromi dalle tre Marie all’alba di Pasqua. Possiamo paragonare questo concentrarsi dei profumi sul nuovo sacrificio e sul nuovo tempio come un rèach nichòach, «profumo che ispira serenità». Così infatti veniva definita quella mescolanza aromatica e fumosa che pervadeva il tempio con i sacrifici e stordiva (cfr. Isaia 6, 4).

Molti secoli più tardi Paolo Inviterà i cristiani di Corinto a essere «dinanzi a Dio il profumo di Cristo fra quelli che si salvano e fra quelli che si perdono» (2 Corinzi 2, 15). E ancora, nel rispondere alla generosità della comunità cristiana di Filippi, l’apostolo riconosce «un profumo di soave odore» (Filippesi 4, 18). A conclusione della Bibbia l’Apocalisse profuma con abbondanza di essenze odorose, in «coppe d’oro piene di profumi» (5, 8), un’espressione che riecheggia il Pentateuco (cfr. Numeri 7, 86).

Per tornare al punto di partenza, come non sentire la vita religiosa quel «profumo che ispira serenità» con la sua totalità di impegno, con il suo servizio che ricerca nuove forme di vicinanza all’altro, con l’ardore di un amore «sponsale e gratuito», con la delicatezza di una prossimità che si fa tenerezza e misericordia, con la luminosità di tanti anziani che sacrifici e generosità hanno trasfigurato nella serenità? Tutti abbiamo conosciuto queste persone, trasparenti e diafane, non grazie a un maquillage forzato, ma per una serenità e una misteriosa luce che dà dentro promana.

Luce ma anche profumo: quello che si chiama «odore di santità», che fa il paio con l’«odore delle pecore» di cui parla papa Francesco, pensando ai sacerdoti che si lasciano impregnare della vita e delle fatiche del loro popolo, di cui riconoscono anche, e rispettano, il «fiuto» per orientarsi, cioè l’istinto della fede (cfr. Evangelii gaudium 119).

Di Bruno Secondin

Da http://www.osservatoreromano.va/it/news/il-profumo-della-vita-consacrata