La tematica affrontata è partita da un desiderio importante: accompagnare i giovani. Questo ha richiesto la capacità di uscire dai propri schemi preconfezionati per incontrarli li dove sono e ci porta anche prenderli sul serio nella loro fatica di decifrare la realtà in cui vivono e di trasformare un annuncio ricevuto in gesti e parole.

I temi affrontati sono stati tanti:

  • Vangelo – Contesti culturali – Nuovi linguaggi, trattato dal prof. Angelo Sichera
  • Linguaggi giovanili e percezione della fede, trattato dalla prof.ssa Rosaria Lisi
  • Parole e gesti che fanno la relazione, trattato da Camilla e Robert Chaib
  • Linguaggi e spiritualità oggi, trattato da don Cristiano Mauri e sr. Elisa Kidanè

I presenti si sono messi in gioco anche in sei laboratori, piccolo assaggio dei tanti linguaggi che ci attorniano e di parole che prendono forme diverse:

  • Soggettività / Individualismo
  • Linguaggio del corpo
  • Social media
  • Spiritualità
  • Creato e giustizia
  • Maschile / Femminile / Gender

È difficile raccontare l’esperienza vissuta, perchè particolarmente ricca di spunti di riflessione. Ci facciamo aiutare dale parole con cui don Beppe Roggia ha concluso il convegno: “Il salto della cavalletta o ritrovare la relazione alla sorgente della Parola? Certo, oggi il nuovo preme e ci attanaglia da tante parti. Non è più una cosa da scoprire con fatica sotto il coperchio della realtà, ma un potente faro psichedelico, che abbaglia in superficie.

Sono le superfici luminose che ci folgorano con tante immagini sfavillanti, colori, voci e suoni, che i dispositivi digitali nel supermercato del Web e dei Social ci offrono a valanga.

Si, le parole e le voci cambiano, pure le immagini ma anche e soprattutto molti cervelli ormai intossicati dal multitasking.

Menti da cavalletta, che saltano da una videata all’altra dello schermo, da un messaggio all’altro, lungo |’interminabile corridoio digitale con tanti ingressi e portali, che in realtà non ti aprono si può dire a nulla, oltre l’immediato, perché ci si accontenta di ridurre la complessità del mondo alle variabili di un algoritmo e a consumare novità a scapito di profondità e comprensione della verità.

Una situazione diffusa che corre il rischio di sbriciolare la relazione fra le persone, iniziando da se stessi, dalla famiglia, alle comunità, ai rapporti intergenerazionali e interculturali. Indubbiamente non si può fare solo una lettura sociologica di questa antropocéne contemporanea, perché è un tempo apocalittico gravido si di allarmi ma anche di grandi opportunità.

È in questo clima di aria molto sofisticata, con un mondo che sta bruciando, che ci siamo radunati anche quest’anno (36a edizione) a Collevalenza in 149 (97 consacrate e 52 consacrati), per ritrovare il senso e la bellezza della relazione, pur nel caos delle parole e delle immagini di questa straordinaria fase storica, convinti che, solo entrando in relazione, è possibile un linguaggio significativo, ossia avere il modo di farci ascoltare, pur tra le parole che cambiano.

Un tempo che richiede al nostro impegno di animazione e di formazione di reagire, rinnovando il fascino e il dramma di ritrovare la risorsa della relazione e scoprire che la vita parla se c’é un cuore che ascolta.

Siamo qui per dire che vogliamo essere una Chiesa profetica relazionale, che sa fare una sintesi tra linguaggi e spiritualità, ma è troppo necessaria per tutti, giovani e meno giovani, una decisa conversione di metodo, di ascolto, di vicinanza e di condivisione, “abitando gli spazi” come ambito privilegiato dei vari linguaggi.

Certo, le parole cambiano, perché cambiano la cultura e i modelli di vita e non si tratta di immergerci semplicemente nel “giovanilese”, per risolvere il problema dei nuovi linguaggi.

Gesù ha prodotto evangelizzazione con gesti e parole.

Anche noi possiamo essere un grande dono di Dio con gesti e parole quando vanno a toccare i! cuore, convinti che non si arriva a nulla se non c’è un vero incontro a questo livello.

Occorre perciò scendere dalla giostra usando il linguaggio del cuore. Abbiamo ancora a portata di mano la sorgente che continua a zampillare: la sorgente della vita, della relazione, della parola: il Vangelo.

In questo scenario esso si esprime con la semplice fatica della Speranza che ci portiamo dentro e ci stimola a ritrovare il modo vero di stare al mondo, quello che innesca la trasformazione personale, si lascia toccare dal mondo con una spiritualità di mescolanza, di flessibilità, di sentirsi a casa ovunque.

E questo al fine di essere testimoni credibili e contagiosi, pur nella condivisione della vita di tutti. Di conseguenza siamo chiamati a prestare molta attenzione ai giovani e ad entrare per questo in una attitudine narrativa, che sa abilmente servirsi anche del “pensiero laterale”. Nella narrazione evangelica i giovani sono chiamati al compito evolutivo di aprirsi alla vita e insieme alla missione del discepolato.

Ciò che ci tocca vivere nel frangente contemporaneo è senz’altro un miscuglio di mistero e di enigma. La Parola ci dice il mistero luminoso di ciò che siamo e di ciò che viviamo; le parole/immagini sovente ci gettano addosso il semplice enigma che porta a chiuderci in noi stessi, con gli altri e con Dio.

Anche i “laboratori caldi” l’hanno sottolineato con particolare evidenza. Si può dire che il Convegno é risultato allora un grande inno alla riconquista di una dimensione umana autentica nei rapporti tra noi adulti, animatori/trici, formatori/trici, e i giovani; rapporti non mediati primariamente da nessuna tecnologia, ma saldamente ancorati alla fede e all’esperienza vera di camminare in compagnia, quella orientativa, quella formativa in modo particolare, sulla via che il Signore ha indicato a ciascuno. E allora viene generato in tutti, giovani e meno giovani, un grande desiderio che, a sua volta, diventa la via della bellezza che lascia sempre un segno da trasmettere e schiude la via della fede/fiducia, la via dell’interiorità che si traduce in una educazione responsabilizzante e schiude la via della verità, la via del sogno che si esprime nel silenzio e nell’ascolto della fede feriale e schiude la via vocazionale. Torniamo alla nostra missione convinti che la vita parla più forte delle parole e permettendo al Vangelo di passare attraverso i nostri sensi, la nostra mente, il nostro cuore, i nostri gesti, il nostro corpo, per dire in modo nuovo ai nostri giovani e a tutti: “Tu sei amato!”. Per questo, buon cammino!”

Per l'ispettoria ha partecipato sr. Cristina Festa