Di fatto praticò il lavoro di “cucitrice in bianco”, specializzandosi poi in biancheria da uomo e impegnandosi con successo in corsi di taglio e confezioni.

Lina, come affettuosamente fu sempre chiamata, entrò nell’Istituto molto giovane e fu, se ben ricordo, di quel drappello di novizie che sfollarono ad Alassio durante la guerra per sfuggire agli atroci bombardamenti di Livorno. Liguria e Toscana allora formavano un’unica ispettoria che fu divisa nel 1947.

Ad Alassio forse le novizie erano al sicuro, ma soffrirono abbastanza per scarsezza di mezzi di sussistenza e ancor più per la mancanza assoluta di notizie delle loro famiglie. Le comunicazioni divennero possibili solo quando gli alleati riuscirono a spezzare la Linea Gotica che isolava la Toscana dalle regioni del nord.

Il ritorno a Livorno fu un sollievo, ma… quanti sacrifici le aspettava! C’era tutto praticamente da rifare, rendere agibile, dignitoso, pulito. In che stato erano i locali di Livorno Santo Spirito non è facilmente immaginabile per chi non vide, comunque può capire quanti disagi, fatiche e lavoro comportò. La cara sr. Lina si connaturò con il gruppo di suore giovani che gareggiavano sollecitamente ad impegnarsi nel lavoro.

Era allora ispettrice Madre Clelia Rigoli e direttrice sr. Ersilia Canta: gente santa che viveva di sacrificio ed era guida sicura. L’eroismo non era comandato, ma si viveva con naturalezza e semplicità serena.

E c’erano i poveri… o meglio “le povere” cioè bambine abbandonate, indigenti, orfane. Le vicende della guerra e le cattive condizioni familiari le avevano esasperate: quasi tutte erano intrattabili, provate, irrequiete, ingestibili. A sr. Lina furono affidate le più piccole.

La ricordo col codazzo di quelle bimbe capricciose, impossibili. Sr. Lina con loro era molto ferma, ma sempre paziente, premurosa, sorridente, disponibile. Si fece amare perché sapeva amare per prima con giovialità, naturalezza, sorridente familiarità. Era sempre con loro, giorno e notte. Le lasciava solo nelle ore di scuola, durante le quali lei svolgeva il suo lavoro di sarta con passione e grandissimo impegno.

Mi colpiva il gesto delle sue mani quando disponeva le stoffe per tagliarle: le accarezzava lungamente. Questo gesto non l’ha lasciata mai, nemmeno nell’ultimo tempo della sua vita, quando sulla carrozzina modellava la coperta che le copriva le gambe.

Voglio ricordarla giovane, esile, piccolina e sorridente sempre, più con i suoi occhi chiari che nelle mosse del viso. Era un sorriso buono, abituale.

Ricordo anche la premura affettuosa che ebbe per le Exallieve che seguiva e che le furono a lungo affidate. Penso anche al suo equilibrio affettuoso che dimostrò per molti anni alla sua cara mamma molto anziana (morì ultracentenaria!), senza trascurare le esigenze della sua comunità.

Cosa dire dell’ultimo periodo che la trovò inferma, non solo non autosufficiente, ma anche priva di parola e di lucidità? Il Signore sa ed è “il Signore”! Grazie, sr. Lina per la tua testimonianza fedele. Pensiamoci nell’Amore dell’Amato dove per sempre ci ritroveremo!”.