Sei delle sette sorelle che hanno preso parte al mese di lavori hanno raccontato il “loro” Sinodo, partendo da un video sulle battute finali dell’Assemblea, che ha mostrato come davvero si sia vissuto il “fuoco del Sinodo”. Le suore hanno sottolineato come la Chiesa abbia ora una comprensione nuova di se stessa, “grazie ai giovani”: lo ha spiegato suor Alessandra Smerilli, salesiana, docente di Economia presso la Pontificia Facoltà di Scienze dell'Educazione Auxilium (Ascolta l'intervista a suor Alessandra Smerilli). 

La sinodalità. “I paragrafi iniziali della Terza Parte del Documento finale - ha detto suor Smerilli - riguardano la sinodalità e sono il frutto dell’esperienza vissuta in questo Sinodo, grazie ai giovani. I giovani che sono arrivati nell’aula sinodale, prendendo parte alle discussioni, sono riusciti a ‘cambiarci il punto di vista’, ci hanno fatto capire davvero cosa voglia dire ascoltare: non si può avere un ascolto ‘di facciata’, perché se parlando dimostriamo di non aver ascoltato i ragazzi loro se ne accorgono. Questo processo ci ha fatto capire quanto sia importante la sinodalità e cioè il camminare, come Chiesa, insieme. La sinodalità non vuol dire togliere autorità ai vescovi, non vuol dire minare la collegialità, che è quella che i vescovi hanno con il Papa, ma è includere nel processo. Una Chiesa che cammina lo fa se tutti camminiamo. Quindi i giovani ci hanno risvegliato alla sinodalità”. 

Nuova luce alla vita consacrata. Proprio dai dibattiti, nei gruppi e in assemblea è emersa una “sfumatura” nuova della vita consacrata. “Quello che affascina della vita consacrata - ha evidenziato suor Alessandra - è essere testimonianza vivente dell’amore di Dio, che è gioioso. Una vita consacrata che non è gioiosa non attira, perché non è questa l’essenza dell’aver lasciato tutto per seguire Gesù. La vita consacrata è inoltre stata messa in relazione con una Chiesa in uscita: lì dove c’è da difendere l’esistenza dei più deboli, dei più poveri, c’è la vita consacrata. Il Sinodo ci chiede quindi di continuare ad essere quello che siamo in tante parti del mondo”.

Lo sguardo femminile nella Chiesa. L’invito è stato ad andare oltre il dibattito sulla possibilità del voto alle donne, che pure molto ha catalizzato l’interesse della stampa internazionale, ricordando come il Documento finale abbia evidenziato la necessità di un maggiore riconoscimento e di una valorizzazione delle donne nella società e nella Chiesa. Il Sinodo, ha evidenziato la salesiana, è “un punto di non ritorno” per le donne nella Chiesa. Occorre “riconoscere che siamo la metà del mondo e che, nella Chiesa, forse questa metà è poco visibile”, ha aggiunto la salesiana. “Nel Sinodo se n’è presa coscienza. Sono rimasta piacevolmente sorpresa - ha raccontato - da quanto questa causa sia stata assunta da tanti vescovi che, con passione, in aula hanno detto che non può sopravvivere una Chiesa che non lasci più spazio alle donne: uno sguardo femminile, una collaborazione nei processi decisionali rende i processi stessi più ampi e inclusivi. Se n’è parlato tanto, il Documento riporta quello che è il risultato delle discussioni. C’è comunque tanto da lavorare, ma non si può tornare indietro: è compito di tutti fare in modo che ciò che è scritto in quel testo diventi vita”.

Chiesa, popolo di Dio. Ma in futuro potrebbe esserci un Sinodo dedicato alle donne? Suor Smerilli riflette e poi risponde: “Tanti vescovi mi hanno detto che, nelle loro proposte per la prossima Assemblea, hanno chiesto un Sinodo sulle donne. Io non so se è proprio quello che ci vuole. A mio parere, poter ragionare in maniera più concreta sulla sinodalità è il punto di volta per fare in modo che tutti, giovani, donne, laici si sentano parte pienamente inserita e viva di una Chiesa che è popolo di Dio”.

L’accompagnamento ai migranti e a chi li accoglie. Ad accompagnare le testimonianze di suor María Luisa Berzosa Gonzalez, suor Mina Kwon, suor Nathalie Becquart, anche le parole di suor Lucy Muthoni Nderi, salesiana del Kenya, che si è soffermata sul tema dei migranti affrontato ai lavori. “La migrazione - ha detto - è un fenomeno strutturale della nostra società: tante persone migrano all’interno dei loro Paesi, ma tante altre lasciano la loro patria per andare all’estero in cerca di una vita migliore, che spesso è un miraggio, cercando di sfuggire a povertà estrema, guerre, violenze, sfruttamento”. La presenza come Chiesa allora “è essere dalla parte delle vittime, di coloro che si trovano nelle mani dei trafficanti che si approfittano di questa vulnerabilità: come ha detto Papa Francesco, oltre all’accoglienza, ci vuole la promozione, protezione e integrazione. E ci vuole anche l’accompagnamento per coloro che accolgono, per accogliere le differenze, per andare oltre la paura di perdere ciò che è proprio” (Ascolta l'intervista a suor Lucy Muthoni Nderi).

Una chiesa più inclusiva. Suor Lucy ha richiamato poi “l’azione dello Spirito Santo” nel dibattito sulle persone omosessuali. “Alcuni giovani hanno detto: sono nostri amici, li conosciamo, viviamo con loro, hanno bisogno di essere accolti, noi possiamo far sì che la Chiesa ‘adulta’ dialoghi con queste persone” per essere “più inclusiva”.

Di Giada Aquilino - Città del Vaticano

Da https://www.vaticannews.va/it/vaticano/news/2018-10/sinodo-giovani-2018-incontro-suore-uisg.html?fbclid=IwAR1BClk8QF5LXYA_t1kEsk0RXjldw53ObeD3nDuVxOePjNpGZOZmqhliXhQ#.W9jASs2zTTs.facebook