I giovani in cammino verso Roma hanno accolto la proposta del pellegrinaggio

Alla base del pellegrinaggio nella Bibbia c’è l’idea del “viaggio”, del percorso da un luogo ad un altro attraverso una strada che Dio indica a singoli o ad un intero popolo, per portare a compimento il suo progetto di salvezza. Per l’uomo biblico andare in pellegrinaggio significa affrontare per gradi un passaggio dal tempo e dallo spazio “profano” a quello sacralmente qualificato (F. L. Cardini).

Nel decidere il pellegrinaggio il credente raccoglie la propria esistenza per affidarla alla protezione di Dio. Si può affermare che nella Bibbia l’idea del pellegrinaggio fa da sfondo a tutta la storia della salvezza, 

Nei vangeli la presentazione della missione del Cristo descritta come un “viaggio” verso la città santa, dove il Signore porta a compimento la rivelazione del Padre culminata nell’evento pasquale. Dunque la categoria del “pellegrinaggio” diventa una chiave di lettura teologica del ministero pubblico del Signore.

In particolare è il Vangelo di Luca a proporre una “rilettura itinerante” della missione di Gesù, riassumendola in un percorso insieme geografico e teologico, che inizia a Nazareth (Lc 4,16-30) e si conclude a Gerusalemme (Lc 9,51; 19,28; 24,47). Nel suo progetto narrativo si coglie come la forma del “camminare” rappresenta una dimensione costitutiva della novità cristologica: il discendere del Figlio nella storia (Lc 1,34-38; cf Gv 1,14), il camminare per le strade degli uomini recando loro il vangelo (Lc 4,18.43), la chiamata a seguirlo rivolta ai discepoli (Lc 5,1-11), la strada del suo pellegrinaggio diventa via di sequela (Lc 5,11), di evangelizzazione (Lc 9,1-6; 10,1-20) e di visita nelle “case degli uomini”, prima di fare l’ingresso a Gerusalemme e in particolare nel “tempio”, il cuore del mondo ebraico. Infine l’ascensione al Padre costituisce l’ultimo tratto del peregrinare del Figlio nella storia (Ef 4,9-10).

La ricchezza dei messaggi biblici evidenzia quanto la categoria del pellegrinaggio sia collegata con diversi temi e motivi della pastorale giovanile. Infatti la presentazione della vita cristiana come pellegrinaggio, movimento, dinamismo missionario, operosità, condivisione nella speranza esalta le attese dei giovani. Nella prospettiva del “cammino di fede” i giovani sono invitati a guardare all’esperienza ecclesiale come una realtà in movimento, che li chiama “dentro una storia di pellegrinaggio” e li fa diventare compagni della vita di ciascun fratello e sorella in cerca di Dio. Dalla modalità dei pellegrinaggi delle Giornate Mondiali della Gioventù si possono dedurre alcuni motivi che traducono i principali momenti dell’itinerario biblico.

Mettersi in cammino. La sorgente vitale di ogni pellegrinaggio sta nella decisione di “mettersi in cammino” e di accettare lo status proprio del pellegrino con tutte le sue rinunce. In primo luogo si diventa pellegrini solo se si sceglie intimamente di partire e tale scelta coinvolge tutta la persona. È questa la prima condizione testimoniata dai racconti biblici. Come Abramo chiamato da Dio a lasciare la propria terra obbedì alla vocazione e si mise in cammino verso una nuova realtà (Gen 12,1-4; Sir 44,19-21), così il giovane comincia con un preciso appello progettuale che chiede di rimettersi in discussione e di lasciare le proprie certezze per un disegno più grande.

Dalla decisione del cuore si passa all’aspetto operativo non privo di tentazioni e difficoltà. Chi si accinge a partire per un viaggio deve portare con sé il necessario, svuotarsi delle comodità, avendo chiara la finalità della meta e i mezzi per raggiungerla. Le immagini del sacco, dello zaino, della borsa, evocano simbolicamente la capacità “fare sintesi” guardando avanti, di saper fare a meno delle cose inutili che potrebbero appesantire e ostacolare il viaggio. Dunque la fase della preparazione diventa già una prima “purificazione” delle motivazioni per le quali si sceglie di camminare. 

Alla preparazione segue la partenza, cioè il distacco dalle proprie certezze umane e dalla propria terra. Lasciare una parte della propria storia per affidarla a Colui che ci ha chiamato è la condizione ineludibile del pellegrino. In questo senso mettersi in cammino significa “farsi povero”, rendersi disponibile alla capacità di ascolto, al desiderio di comunione, alla conoscenza di altri e di nuove realtà. La partenza costituisce la prima grande risposta all’appello di Dio e implica l’abbandono delle proprie comodità e la speranza di poter superare la prova per conquistare la meta.

L’incontro con l’altro e la condivisione del cammino

Nel corso del cammino, tra le diverse situazioni vissute, si fanno due principali esperienze. La prima è data dalla capacità di misurare la propria persona di fronte alla fatica e alla difficoltà di guardare avanti, e la seconda è costituita dall’incontro con coloro che sono accanto e condividono la medesima strada. Non c’è pellegrinaggio senza una strada da percorrere, come non c’è strada senza fatica e stanchezza. Il percorso concreto rappresenta un invito a verificare la propria vitalità e a rettificare i propri modi di pensare se stessi e la realtà che ci circonda.

Il pellegrinaggio ha una meta geografica e un tempo prefissato, ma l’obiettivo principale è quello di “far camminare” i pellegrini, che sono i giovani, verso una riflessione più profonda intorno alla vita e al progetto di Dio su di essa.

La ricerca di senso, il bisogno di giustizia e di verità, la voglia di scoprire e costruire amicizie sincere, la capacità di rispondere all’appello di Dio costituiscono gli aspetti cruciali dell’itinerario giovanile, vissuto “insieme” in uno stile di fraternità. Sulla strada non si è soli, ma si sperimenta la compagnia di altri fratelli e sorelle.

L’incontro con l’altro rappresenta una dimensione costitutiva del pellegrinaggio. Sulla strada si fa conoscenza, si instaurano legami, si condivide la fatica e la festa, si pregusta l’incontro finale. L’altro è un aiuto per conoscermi, per accettarmi, per cambiare in meglio, per vivere l’amore vero attraverso l’ascolto e il servizio. La vocazione espressa nel simbolismo del pellegrinaggio va interpretata in rapporto alla comunità e non può ridursi ad una dimensione privata. Allo stesso modo la relazione con l’altro è sempre un dono che Dio concede per sperimentare la sua misteriosa presenza e protezione.

La meta

L’itinerario del pellegrinaggio culmina con l’arrivo alla meta. Le attese della partenza si compiono dopo la fatica della lunga strada e la pazienza del tempo trascorso nel cammino. È il momento dell’incontro con Dio che produce gioia, ringraziamento, lode. Tre sono i motivi che segnano questa tappa: il fermarsi nel segreto della preghiera, dell’intercessione e della contemplazione, con cui il pellegrino affida al suo Signore la propria vita e gli affetti più profondi; la memoria del proprio passato e della realtà che ha lasciato alle spalle; l’impegno di conversione e di rinnovamento della propria vita. La meta, condivisa con l’intera comunità, è insieme punto di arrivo dell’itinerario e condizione per ripartire con il cuore trasformato dall’incontro.

Il ritorno alla vita quotidiana

All’entusiasmo del pellegrinaggio, segue il ritorno nella quotidianità, contrassegnato dalla fase della normalità, della rielaborazione e della narrazione dell’esperienza vissuta. La conseguenza del pellegrinaggio è quella di “cambiare” la sorte della propria vita. In tale prospettiva il ritorno alla quotidianità diventa il banco di prova del cammino svolto. Tornando alle cose di sempre, alle relazioni interpersonali nella famiglia, alle scelte della vita di ogni giorno, i giovani sono chiamati a sentirsi protagonisti di una storia rinnovata dall’amore di Dio, disponibili a trasformare e interpretare l’ordinario in modo straordinario, pronti a spendersi con coraggio per l’annuncio del vangelo e la costruzione di un mondo nuovo.

Chiamati da Dio a partire come “pellegrini”, i giovani sono estranei al mondo, pur vivendo “dentro” la storia (cf A Diogneto, V), non si differenziano dagli altri né per territorio, né per lingua né per costumi, ma sono come l’anima del mondo, in cammino verso Dio, perché la fede ha messo nel loro cuore il dono spirituale del pellegrinaggio.