Nella teoria perché è davvero difficile trovare un modello di pastorale giovanile animato da un nucleo vocazionale generativo. Riconoscere che l’istanza vocazionale è culmine e fonte della pastorale giovanile non è nel DNA di molti pensatori di pastorale giovanile. Tutti parlano di promozione umana, molti approfondiscono il tema dell’evangelizzazione dei giovani, altri tematizzano molto bene il necessario protagonismo giovanile, altri ancora sono preoccupati dei contenuti della fede e delle regole morali. Pochi mettono a fuoco il compito della pastorale giovanile radicandola in una teologia della vocazione che si preoccupa prima di tutto di pensare all’essere del giovane, alla sua identità di amato e chiamato da Dio, alla necessità di prendere in mano la sua vita nell’ottica di una risposta amorevole e generosa ad un Dio che lo ama e quindi lo chiama personalmente alla vita e alla missione. Un Dio che offre la direzione decisiva della vita proprio perché nell’incontro dona un nome specifico e con esso una missione singolare.

Nella pratica perché in genere siamo molto spostati sulle attività da svolgere, sulle cose da fare, sugli eventi da organizzare. Andiamo molto di quantità e di numeri, diventiamo a volte specialisti del management pastorale, piuttosto che dedicarci all’accompagnamento generativo dei giovani, forse perché non ne abbiamo gli strumenti o non ne abbiamo compreso la necessità. Molti operatori di pastorale giovanile interpretano la questione vocazionale come destinata ad un piccolo gruppo chiamato ad una vocazione di speciale consacrazione: in questo modo, oltre a rendere la pastorale vocazionale molto reclutativa e per nulla simpatica, si allontanano i giovani stessi dalle vere esigenze che vengono da un autentico incontro con il Signore, negandogli il diritto di connettersi con la verità profonda del cristianesimo, che sempre a che fare con una relazione persona e unica con Dio.

Ecco perché l’accompagnamento personale dei giovani in ottica vocazionale è un dovere ecclesiale verso tutti i giovani e un sacrosanto diritto per ogni giovane!

Vorrei approfondire questa mia forte convinzione commentando alcuni decisivi passaggi dello splendido Messaggio del Santo Padre Francesco ai partecipanti al Convegno Internazionale sul tema: «pastorale vocazionale e vita consacrata. Orizzonti e speranze» (Roma, Ateneo Pontificio

Regina Apostolorum, 1-3 dicembre 2017), che vi invito a rileggere e meditare per intero.

La prima convinzione dichiarata è questa: «Parlare di pastorale vocazionale è affermare che ogni azione pastorale della Chiesa è orientata, per sua stessa natura, al discernimento vocazionale» e che «il servizio vocazionale deve essere visto come l’anima di tutta l’evangelizzazione e di tutta la pastorale della Chiesa». Per questo «la pastorale vocazionale deve porsi in stretto rapporto con l’evangelizzazione e l’educazione alla fede, affinché la pastorale vocazionale sia un vero itinerario di fede e porti all’incontro personale con Cristo».

Ecco poi una seconda convinzione, di non poco conto, che conviene risentire per intero, vista la sua importanza: «La pastorale vocazionale deve avere il suo “humus” più adeguato nella pastorale giovanile. Pastorale giovanile e pastorale vocazionale devono tenersi per mano. La pastorale vocazionale poggia, sorge e si sviluppa nella pastorale giovanile. Da parte sua, la pastorale giovanile, per essere dinamica, completa, efficace e veramente formativa, deve essere aperta alla dimensione vocazionale. Il che significa che la dimensione vocazionale della pastorale giovanile non è qualcosa che si deve proporre solo alla fine di tutto il processo o a un gruppo particolarmente sensibile a una chiamata vocazionale specifica, ma che si deve proporre costantemente nel corso di tutto il processo di evangelizzazione e di educazione nella fede degli adolescenti e dei giovani».

La terza convinzione riguarda poi il primato della preghiera, perché «posto che la vocazione è sempre un dono di Dio, la chiamata vocazionale e la risposta a tale vocazione possono risuonare e farsi sentire solo nella preghiera».

Da queste convinzioni nascono alcune sfide che siamo chiamati ad affrontare come operatori di pastorale giovanile vocazionale: quella della fiducia, che non ha paura di offrire «una proposta coraggiosa, evangelicamente esigente e al tempo stesso profondamente umana, senza sconti e senza rigidità»; quella della lucidità, che ci aiuta a non perdere la testa e tenere fisso lo sguardo su ciò che conta in un momento storico dominato dall’incertezza e dalla confusione; quella della convinzione, che la sequela di Cristo «vale la pena, e che il dono totale di sé alla causa del Vangelo è qualcosa di stupendo e bello che può dare un senso a tutta una vita».

Infine vengono dichiarati alcuni tratti che devono caratterizzare la nostra pastorale giovanile vocazionale, che deve essere:

  • differenziata, perché «il Signore chiama ciascuno per nome, con la sua storia, e a ciascuno offre e chiede un cammino personale e intrasferibile nella sua risposta vocazionale». Il rischio di omologazione dei giovani è sempre vivo e l’incapacità di essere degli artigiani con loro è sempre dietro l’angolo;
  • narrativa, perché la pastorale del «contagio», del «vieni e vedrai», è l’unica pastorale vocazionale veramente evangelica». È la pastorale che narra con il proprio volto raggiante e la propria gioia vivente ciò che capita ad una persona che offre il suo ‘sì’ al Signore;
  • ecclesiale, cioè inserita in una solida ecclesiologia e in un’adeguata teologia della vocazione, «che proponga e valorizzi opportunamente tutte le vocazioni», senza fermarsi ad una visione ristretta e funzionale della vocazione cristiana;
  • evangelica, in quanto capace di «partire dal centro di ogni pastorale: Gesù Cristo, così come ci viene presentato nel Vangelo», dove diventa chiaro che «in questo tipo di pastorale non si tratta di reclutare agenti sociali, ma veri discepoli di Gesù con il comandamento nuovo del Signore come parola d’ordine e con il codice delle beatitudini come stile di vita»;
  • accompagnata, perché «una cosa è chiara nella pastorale giovanile: è necessario accompagnare i giovani, camminare con loro, ascoltarli, provocarli, scuoterli perché vadano al di là delle comodità in cui si adagiano, risvegliare il desiderio, spiegare loro che cosa stanno vivendo, condurli da Gesù, e sempre favorendo la libertà affinché rispondano alla chiamata del Signore in modo libero e responsabile»;
  • perseverante, ovvero capace di «seminare e attendere pazientemente che il seme cresca e un giorno possa recare frutto. L’agente di pastorale giovanile nella sua missione deve essere ben consapevole che il suo lavoro è quello di seminare, qualcun altro farà crescere e altri ancora raccoglieranno i frutti»;
  • giovanile, in quanto «non possiamo trattare i giovani come se non fossero tali. La nostra pastorale giovanile deve essere caratterizzata dalle seguenti note: dinamica, partecipativa, gioiosa, speranzosa, audace, fiduciosa».

L’intenso Messaggio ci introduce molto bene nel cuore del Dossier sull’accompagnamento spirituale e vocazionale, frutto di un cammino triennale di riflessione, confronto e verifica degli animatori vocazionali salesiani d’Italia. Essi ci offrono elementi preziosi che nascono da un’esperienza concreta che è stata poi ripensata e messa per iscritto. È un bell’esempio di come prassi e teoria si fecondano reciprocamente per il bene di entrambe. Che questo loro impegno possa aiutarci ad essere degli artigiani dell’accompagnamento spirituale e vocazionale di ogni giovane che incontriamo sul nostro cammino. Il Messaggio del Papa https://w2.vatican.va/content/francesco/it/messages/pont-messages/2017/documents/papa-francesco_20171125_messaggio-pastorale-vocazionale.html

NOTA [1] Cfr. R. Sala, Pastorale giovanile vocazionale. L’invito sinodale a qualificare vocazionalmente il nostro impegno educativo-pastorale, in «Note di pastorale giovanile» 3 (2017) 2-4.

Vedi: http://www.notedipastoralegiovanile.it/index.php?option=com_content&view=article&id=13269:npg-marzo-2018&catid=499:npg-annata2018&Itemid=209