Che significato ha il tema della 49° Settimana Sociale di Taranto “Il pianeta che speriamo. Ambiente, lavoro futuro, tutto è connesso? E Com’è il pianeta che speriamo?

Nell’Instrumentum Laboris della 49° Settimana Sociale troviamo la riflessione che ha accompagnato il cammino verso le giornate di Taranto, leggiamo (#16): “… Nel solco del patrimonio della Dottrina Sociale della Chiesa, la prossima Settimana Sociale vuole contribuire alla conciliazione tra Cristianesimo e Modernità nei termini in cui ne parla il Concilio Vaticano II, particolarmente nella Gaudium et Spes, “le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dell’uomo di oggi, sono anche le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo” (GP 1). Quindi nel momento storico di una profonda crisi ambientale, economica e sociale, e nella città di Taranto, simbolo di tante realtà nazionali e globali che soffrono ferite profonde nella relazione tra l’uomo, l’ambiente e il lavoro, le Settimane Sociali si sono proposte di “sostenere e orientare la formazione di un nuovo modello di sviluppo capace di ridefinire il rapporto tra economia ed ecosistema, ambiente e lavoro, vita personale e organizzazione sociale” (#19). L’approccio emergente e la direzione necessaria, in linea con la Laudato Sì, è l’ecologia integrale, nonché la consapevolezza che “tutto è connesso”, poiché “ogni umano è custode non solo della terra ma di ogni creatura che la abita con lui, con cui è stretto, lo stesso, da legami di fraternità per cui, come Francesco d’Assisi li chiama: “sorella e madre terra, fratello sole, fratello foco” ci ha ricordato Rosanna Virgili. Riportando alcuni passaggi dell’intervento della biblista Benedetta Rossi, la cura del creato e la cura del fratello sono legate e connesse l’una all’altra così tanto che ciò che fa deperire il creato, nel testo biblico, sono i crimini dell’uomo verso la dignità e la vita del fratello. Ma la violenza reciproca e la contaminazione della terra vengono abbattute da Dio distruggendo gli strumenti di morte e stabilendo una nuova alleanza di giustizia, diritto, misericordia, compassione e fedeltà reciproci tra il creatore la creatura, come tra lo sposo e la sposa. Il lavoro allora può diventare luogo di benedizione e strumento di co-creazione, e non occasione di sfruttamento e distruzione. Oggi la volontà di promuovere giustizia sociale e civile, ci ha detto il Cardinale Bassetti, significa “difendere e valorizzare, in ogni latitudine e in ogni circostanza, il valore incalpestabile della dignità umana” e ci esorta a “vivere un’esistenza interdipendente”. La transizione ecologica ha bisogno allora di partire da una conversione personale e comunitaria che, parafrasando la biblista Benedetta Rossi, ci rimetta nell’alleanza, nel cammino verso la rivelazione della gloria. Il pianeta che speriamo diventa quello che prepariamo ogni giorno, già oggi, “praticando la giustizia perché il creato viva” (B. Rossi).

Che impatto ha avuto la pandemia sull’ambiente, sul lavoro e sul futuro dei giovani?

L’impatto, i numeri e la paura che derivano della pandemia sono sotto gli occhi di tutti e tutte, perché l’emergenza sanitaria è diventata presto economica e sociale, in un quadro internazionale già caratterizzato da disuguaglianze, conflitti e violenze. Come riportato dal Cardinal Bassetti, “la pandemia ha, pertanto, lasciato un’eredità durissima e incalcolabile nelle nazioni più povere ed un’eredità ben visibile nei Paesi più sviluppati, come l’Italia, segnata dalle sofferenze di moltissime famiglie, dalla difficile situazione economica di molte aziende e, infine, al drammatico bilancio in termini di frustrazione sociale.” Come ci ricorda il Presidente Mattarella all’inizio dei lavori di Taranto, “la pandemia è stata – ed è tuttora – una prova molto dura.” Come non fermare l’attenzione su coloro che già vivevano in situazioni di vulnerabilità che sono diventate fragilità permanenti. L’impatto quindi è devastante, ma il nostro compito è imparare la lezione e fare memoria. Sempre il Presidente Mattarella ci dice che “la pandemia ha evidenziato i nostri limiti e le contraddizioni del modello di società che abbiamo costruito. Al tempo stesso ha messo in luce il senso profondo di una comunità di destino come la nostra, restituendo valore alle cose che hanno valore. L’egocentrismo è uscito sconfitto da una vicenda in cui la solidarietà si è affermata come chiave per affrontare e risolvere i problemi, per sostenere lo sviluppo pieno della personalità umana, a partire dalla difesa della vita.” Sentiamo risuonare nelle sue parole quelle di Papa Francesco “… Abbiamo proseguito imperterriti, pensando di rimanere sempre sani in un mondo malato" “Ci siamo resi conto di trovarci sulla stessa barca, tutti fragili e disorientati, ma allo stesso tempo importanti e necessari”: nella San Pietro deserta il 27 Marzo 2020 la preghiera del Santo Padre ci ha illuminato e consolato, adesso ci deve spronare ad un cambiamento d’epoca.

Come possono i giovani essere protagonisti attivi della Settimana Sociale e come invece la Settima Sociale può essere un punto di partenza per la realizzazione di un pianeta e di un futuro migliori?

Su un migliaio di partecipanti, un terzo era costituito da giovani, provenienti dalle delegazioni diocesane, dai movimenti e dalle associazioni di categoria, davvero tanti carismi e tante sigle per elencarle tutte. L’auspicio che ci è stato rivolto dal Cardinal Bassetti in apertura è “che possiate essere protagonisti in questa Settimana Sociale e che possiate organizzare un coinvolgimento nelle diocesi perché i temi affrontati qui a Taranto siano oggetto di approfondimento e diventino occasione per fare scelte concrete. La sinodalità passa dalle vostre gambe capaci di andare incontro ai vostri coetanei, dalle vostre mani capaci di prendersi cura e dal vostro cuore capace di appassionarsi alla proposta dell’ecologia integrale.” I giovani sono stati attori attivi già in fase preparatoria insieme alla CEI con le Agorà Digitali (Alleanza per rigenerare la qualità ambientale e sociale dei quartieri, per rigenerare i valori dei modelli di business, per rigenerare le comunità locali ripartendo dalle persone, per la transizione educativa: Educare al bene comune), elaborando proposte pratiche, hanno organizzato e coordinato la mattina del sabato 23 Ottobre presentando il manifesto “L’alleanza è un cammino. Manifesto per il pianeta che speriamo”, sono quindi davvero il presente nelle nostre realtà locali e quindi anche delle Settimane Sociali. Papa Francesco ci chiede sguardo contemplativo e concretezza nell’affrontare le sfide di oggi e le giornate di Taranto sono state permeate da preghiera, riflessione biblica, dialogo con le istituzioni, ascolto di testimoni, scoperta delle buone pratiche, scambio e confronto continui tra i partecipanti. Il compito è riportare a casa l’entusiasmo e gli impegni concreti, riportati dal Mons. Santoro alla fine dei lavori, cioè 1) la costruzione di comunità energetiche; 2) pista di impegno è quella della finanza responsabile; 3) pista d’impegno è quella del consumo responsabile; 4) la proposta dell’alleanza contenuto nel Manifesto dei giovani, e poi ulteriori sotto-obbiettivi per le parrocchie e le diocesi. Taranto è solo un punto di partenza, è un segno, chiede di prendere posizione e di fare ciascuno la nostra parte.

Prendendo come linee guida le grandi tematiche delle Encicliche Sociali di papa Francesco (Laudato Si e Fratelli Tutti) quali sono i modelli di sviluppo da cambiare per eliminare “quel malessere sociale che cova nelle viscere della società” di cui ha parlato il Card. Bassetti?

Come ricordato dal Cardinal Bassetti, citando il Convegno di Firenze del 2015, c’è bisogno di un nuovo umanesimo, che è Cristo, ce lo chiedono i segni dei tempi, è la profezia che deve accompagnare lo sviluppo. “Lo sviluppo non si riduce alla semplice crescita economica. Per essere autentico, lo sviluppo deve essere integrale, il che vuol dire volto alla promozione di ogni uomo e di tutto l’uomo» (Instrumentum Laboris, #15). Come sottolinea Fratelli tutti al n. 122, esso «deve assicurare i diritti umani, personali e sociali, economici e politici, inclusi i diritti delle Nazioni e dei popoli».” (#19). Allora dobbiamo riconoscere che “la sola crescita economica non basta”, anzi essa può essere dannosa se non considera la dignità della terra e del lavoro dell’uomo. L’altro bisogno fondamentale e profondo è quello della pace, anche questo invocato da Bassetti, ricordando la figura di Giorgio La Pira, “Una profezia che per l’Italia svela anche una grande missione per il futuro: essere alla testa di quei promotori che vogliono realizzare concretamente questo mondo di pace.”

Mi collego allora alle parole del Ministro Orlando quando aprendo il suo discorso dice che “c’è bisogno di introdurre presupposti nuovi, riconoscendo che questo è il momento buono perché se il modello si ricostituisce intorno gli obiettivi che aveva non cambieremo più”. Per realizzarlo dobbiamo cominciare a chiederci non solo quello che produciamo/costruiamo ma anche come lo facciamo, cambiando quindi il metro e la bilancia.

A volte anche solo il linguaggio comune mette in contrapposizione realtà umane che stanno insieme, vedi il lavoro e la famiglia spesso messi su piatti della bilancia distinti, mentre andrebbero considerati a braccetto già nel lessico (passare da conciliazione famiglia-lavoro ad armonizzazione famiglia lavoro, dice Stefano Zamagni).

Da studentessa di Economia e membro di Economy o Francesco, queste parole sono davvero incoraggianti, perché puntano ad una trasformazione e non solo a una riforma, come ci ha spiegato Stefano Zamagni. Ho iniziato a studiare questa scienza sociale perché desideravo occuparmi della casa comune, per evitare che la storia ci passasse di sopra. L’economia del pianeta che spero, è intanto plurale, si co-progetta e si co-realizza. È un‘economia per la vita e non per il profitto, che ha a cuore il suo sviluppo integrale, che custodisce e coltiva la creazione per le future generazioni, quindi ha uno sguardo di lungo periodo e sceglie di non appropriarsi di tutto (cit. Benedetta Rossi). È un’economia che integra i saperi, che ha il coraggio di uscire da modelli matematici che non funzionano creando discontinuità, che toglie l’accento sulla massimizzazione dell’utilità del singolo individuo e lo riconosce prima di tutto, per natura, in relazione. È un’economia che vuole prendersi cura e non sfruttare. È un’economia che si fa fecondare dal pensiero e dal dialogo e quindi trova soluzioni complesse per sfide complesse. È un’economia per tutti e tutte, soprattutto con gli ultimi e i piccoli.

Il ruolo dei e delle giovani è impegnarsi ad intessere alleanze, continuare a camminare insieme, di essere corresponsabili del presente per costruire il paese che desideriamo, sul terreno fertile degli adulti, come ci ha detto Suor Alessandra Smerilli. Consapevoli che non bastano soluzione tecnologiche per risolvere i problemi dell’oggi, siamo chiamati a crescere nella sapienza oltre che nelle competenze e faremo la differenza se ci appassioneremo alla verità (ispirato all’intervento di Luigina Mortari)

Per approfondire: https://drive.google.com/drive/folders/1uGwaMuAc-ylQwp8yp0pD6oNnaJR4Lg7W?usp=sharing