Le giornate sono trascorse nella preghiera intensa, nel silenzio raccolto, nell’ascolto delle conversazioni di don Bruno (semplice e allegro, ricco e profondo) e le conversazioni di sr. Carla (vivace e concreta).

I temi trattati da don Bruno: la vita di alcuni santi presentata con racconti e aneddoti semplici ma efficaci, le condizioni per vivere la testimonianza, la dimensione della preghiera. I temi trattati da sr. Carla: la presentazione della Verifica triennale, la preghiera, l’essere segno.

La settimana vissuta insieme è stata serena e semplice. Ringraziamo di cuore la comunità di Livorno che ci ha fatto sentire a casa, non si è risparmiata nel servizio e nelle mille attenzioni.

Al termine una vivace sorpresa: sr. Anna Rombai ha offerto all’ispettrice e alla comunità un breve componimento che riportiamo per condividere con tutti la gioia vissuta:

“E tocca sempre a me! Perché io non so … è perché forse sono tra le più vecchie! Un bel primato no!

Un ringraziamento, un componimento? Sì, sì, ma sgangherato, per nulla pettinato, punto forbito, punto aggraziato e cose imparate a far le ambasciate.

Primo punto. Elenco persone da ringraziare: don Bruno, madre Ispettrice, sr. Cristina, la direttrice, sr. Maria Bianchi e il suo staff, sr. Marida, sr. Maria Rosa, sr. Ausilia, le sorelle che ci hanno servito, le cuoche…

Secondo punto. Una volta uno scolaro all’esame di maturità, buttò giù uno scritto d’italiano. Alla fine mise molte righe di punti fermi, punti intermittenti, punti esclamativi, virgole e punti e virgola, due punti e un NB: Non sono una cima in punteggiatura, metto qui il fabbisogno, sistemate voi!

E anch’io vo far così. Scriverò uno spartito a note sparse con moto andante mosso. Ci sono anche alcune parole “Ti esalterò, Signore, perché mi hai liberato…”

Terzo punto. Andar di palo in frasca è il mio forte perciò racconto una storiella. Più di novant’anni fa in un vecchio paese di Maremma c’era una solida grande casa a quattro piani. Pian terreno fondi vari. Primo piano lo studio del babbo. Secondo e terzo piano abitazioni. Lo studio non comunicava con spazi abitativi e solo la mamma era ammessa a provvedere all’ordine. Un giorno che la mamma era a far le pulizie io le andai dietro (avevo forse 3 anni). Quando ebbe finito la mamma socchiuse le persiane, lasciò le finestre aperte (era bella stagione) e raccolti gli attrezzi se ne andò sicura che le sarei andata dietro come sempre.

Invece mi fermai alla porta a giocare con il chiavistello (era fatto a paletto ed era piuttosto grosso). Fatto sta che mi chiusi dentro e non riuscivo più ad aprire. La mamma, al di là della porta mi diceva: “Anna, tira il paletto dalla parte dell’armadio”. Io piangevo terrorizzata e sgomenta e muovevo il paletto dalla parte sbagliata: “Non mi riesce!” gridavo.

Mamma mandò a chiamare il babbo che, vista la cosa, si affrettò a raccomandare: “Tu tieni la bimba tranquilla e io vedo il da farsi”.

Andò in strada, c’erano dei muratori che lavoravano e li chiamò perché gli prestassero una scala a pioli e disse per cosa gli serviva. Uno disse: “Signor Rombai, salgo io”. “No”, disse il babbo “Tu vieni a tenermi la scala. Salgo io perché se la bimba vede un estraneo si spaventa”.

E salì, scavalcò il parapetto della finestra e… mi liberò”.

Ringraziai? No di certo, ma smisi di piangere e l’avventura finì con sollievo di tutti e tre.

La morale della storia è ovvia! Ringraziamo sempre, però è come un lieto motivo da cantare in andante mosso “Ti esalto, Signore, perché mi hai liberato”.

Quando? Ora, e dopo, per sempre. Amen”