A quel punto, sempre nel sonno, mi misi a piangere, e pregai a voler parlare in modo da capire, poiché io non sapevo quale cosa volesse significare. Allora ella mi pose la mano sul capo dicendomi: - A suo tempo tutto comprenderai».

Testo evangelico Luca 12,22-32: “Poi disse ai discepoli: «Per questo io vi dico: Non datevi pensiero per la vostra vita, di quello che mangerete; né per il vostro corpo, come lo vestirete. La vita vale più del cibo e il corpo più del vestito. Guardate i corvi: non seminano e non mietono, non hanno ripostiglio né granaio, e Dio li nutre. Quanto più degli uccelli voi valete! Chi di voi, per quanto si affanni, può aggiungere un'ora sola alla sua vita? Se dunque non avete potere neanche per la più piccola cosa, perché vi affannate del resto? Guardate i gigli, come crescono: non filano, non tessono: eppure io vi dico che neanche Salomone, con tutta la sua gloria, vestiva come uno di loro. Se dunque Dio veste così l'erba del campo, che oggi c'è e domani si getta nel forno, quanto più voi, gente di poca fede? Non cercate perciò che cosa mangerete e berrete, e non state con l'animo in ansia: di tutte queste cose si preoccupa la gente del mondo; ma il Padre vostro sa che ne avete bisogno. Cercate piuttosto il regno di Dio, e queste cose vi saranno date in aggiunta. Non temere, piccolo gregge, perché al Padre vostro è piaciuto di darvi il suo regno.

Lectio

CONTESTO

Continua l’istruzione di Gesù sui beni del mondo. La vita non dipende né da ciò che hai (vv. 13-21), né da ciò che non hai (vv. 22-30), bensì da ciò che sei: figlio di Dio (vv. 31-34). Quindi, come nessun affanno per l’abbondanza, così nessuna angoscia nella penuria! Alla falsa sapienza, che porta all’accumulo e all’inquietudine, il discepolo contrappone la vera sapienza di chi conosce il Padre. La sua provvidenza, più acuta e più efficace di ogni nostra previdenza, non lascia mancare nulla ai suoi figli. Se qualcosa manca, significa che non è necessaria o si sta cercando nella direzione sbagliata (cf. vv. 30-31). Il fondamento di ogni audacia pastorale e di ogni «robustezza» è racchiuso in questa fiducia totale nel Padre.

Non datevi pensiero per la vostra vita... Il Signore Gesù vuole guarirci da una delle ferite più profonde dell’uomo, che ci impediscono di gustare la vita, di assaporare le gioie più semplici e profonde di cui Dio l’ha cosparsa. Quante volte l’affanno la fa da padrone? Non si riesce a fermarsi, a godere di un lavoro fatto, di un’opera compiuta, che già siamo in corsa per...che cosa? Ci sono poi da mettere in conto le difficoltà incontrate, i pericoli improvvisi, i desideri smodati, i sogni irrealizzabili, le sofferenze mal accettate e mal sopportate, la brama di ricchezze o di comodità, le paure più o meno giustificate, la poca fiducia nell’avvenire, la voglia di strafare... Le cause della perdita della pace sono molte; la Sacra Scrittura è piena di preghiere rivolte a Dio perché ci salvi da quell’affanno che ci lascia alla fine a mani vuote, stanchi e senza gioia. Un invito a prendere la vita con più calma, semplicità, puntando all’essenziale. La preoccupazione per il nutrimento materiale è l’assillo costante di tutti i popoli. Se ne va per questo la serenità e la pace del cuore ed il pensiero è distolto da Dio. Per i discepoli non deve essere così. Perché il Padre sa che abbiamo bisogno di queste cose e provvederà a tempo opportuno. Se vuole che in questa vita facciamo la sua volontà deve pur provvedere al nostro cibo materiale. Il problema è innanzitutto suo e non nostro. La preoccupazione per il cibo ed il vestito appartiene all’uomo che si è messo in proprio, dopo aver scippato l’esistenza a Dio. Una vita conosciuta in Dio, in Dio cerca il proprio nutrimento. Per sé cibo e vestito sono semplici mezzi. La prima stoltezza, dunque, dell’uomo è crederli fini. La seconda, ancor più grave, è non capire che non sono un possesso da accumulare. Sono invece un dono che serve per entrare in comunione con il Donatore e arricchire «verso» di lui (v.21). Questa è la vita di cui l’uomo ha fame, suo unico riposo e sazietà.

Chi di voi, per quanto si affanni... Vero è che non siamo mai contenti di quello che ci è dato e cerchiamo sempre di accrescere la nostra esistenza, ma con quali risultati? Alla fine di tanti sforzi e di tante fatiche c’è stata in noi una reale crescita? È innanzitutto nel confronto con le piccole cose che possiamo comprendere tutta la nostra impotenza e nullità. Vale la pena affannarsi tanto quando ogni giorno, ogni momento ci è dato conoscere e sperimentare la pochezza delle nostre forze? Non sono padrone di ciò che sono: «io non sono mio!». Nella mia essenza sono dono di Dio, sono l’amore che lui ha per me in suo Figlio. Ogni ansia è in realtà sottrazione di vita! Se Dio non solo nutre, ma anche fa così bella l’erba che ha vita breve, quanto più provvederà ai suoi piccoli! Piccoli innanzitutto nella fede ed in quanto tali, bisognosi di un sostegno e di un rinforzo. Non siamo abbandonati da Dio per la pochezza della nostra fede, al contrario è proprio questa povertà che rende il Signore molto sollecito e premuroso nei nostri confronti. Ma ha davvero poca fede chi vuol prevedere tutto, ignorando che Dio provvede!

Cercate piuttosto il Regno di Dio... Per quel che ci compete è molto meglio cercare il regno di Dio. Queste cose ci saranno poste davanti da Dio stesso. Il Signore provvederà a tutto ciò che serve per compiere l’opera sua. Il Regno non è da produrre - impresa impossibile! - né da accumulare. Va solo cercato, perché è già in mezzo a noi, ma in un modo che non attira l’attenzione (17,21). Il termine «cercare» suppone sia l’esistenza che il nascondimento del Regno, altrimenti sarebbe impossibile trovarlo o inutile cercarlo. Il Regno è suo, cioè «del Padre», e si realizza nel nostro rapporto filiale con lui. Questo poi fonda la nostra fratellanza reale con tutti gli uomini. Nessuna paura e nessun timore dunque, piccolo gregge, perché piacque al Padre dare a voi il regno! Se tutto è già stato deciso in cielo, il Signore dovrà provvedere ad ogni cosa per i suoi. Piccolo gregge non solo in quanto al numero, ma ancor più ed ancor prima perché fatto di piccoli. Coloro che sono i destinatari del regno dei cieli, non devono preoccuparsi di cose di poco conto come i beni di questo mondo.

Dal Testo alla vita

Gesù dice ai discepoli: «Non preoccupatevi … non state in ansia». Sono parole molto chiare che dovrebbero farci riflettere su come la maggioranza di noi pensa alla propria vita, sulle preoccupazioni che abbiamo sul nostro presente e sul nostro futuro. Non ci lasciamo prendere dall'angoscia dell'oggi e del domani? «Cercate piuttosto il suo regno e queste cose vi saranno date in aggiunta». Voi – sembra affermare il Vangelo - siete nati per il Signore. Voi siete fatti per lui e per i fratelli. Eppure noi di questa fondamentale verità, che è il senso stesso della vita, ce ne occupiamo davvero poco (tanto meno ce ne preoccupiamo). Gesù, all'inizio di questo brano evangelico, chiede ai discepoli di riconoscerlo senza timore e senza ipocrisia. Tornano in mente le parole del Deuteronomio che definiscono il "servizio" all'unico Signore con questi termini: amarlo «con tutto il cuore, con tutta l'anima e con tutte le forze» (Dt 6,4-5). È la pretesa di un diritto assoluto da parte di Dio. Non è difficile che questo ci sembri eccessivo. È proprio così: Dio è eccessivo. Ma è l'eccesso di amore che rende ragione della sua pretesa. Il testo non è, ovviamente, una sorta di manifesto contro la civiltà del lavoro, o un nostalgico appello alla serenità della vita in una romantica cornice naturistica. Gesù si rivolge ai discepoli per invitarli a vivere con radicalità e integrità il loro rapporto con Dio. Occorre anzitutto cercare il regno di Dio, che è bontà, misericordia, giustizia, fraternità, amicizia. Questo è l'essenziale da cui scaturisce con certezza tutto il resto.

Ha scritto Juan Edmundo Vecchi: «La Provvidenza dice una cosa importante su Dio: che Egli ama quello che ha creato. Lo ha amato prima di crearlo come la madre ama il bambino che porta in seno; l’ama creandolo e l’amerà per sempre. Contiene anche un’idea del mondo. Esso ubbidisce ad un disegno: è stato fatto da un ‘ingegnere’, piuttosto che da uno stregone. È evidente in esso il principio di ‘finalità’: ogni movimento ha una ragione. A ciascuna azione corrispondono molte possibili reazioni. E dopo ciascuna reazione si aprono infinite possibilità di movimenti in nuove direzioni. La Provvidenza dice qualche cosa anche della storia umana. Essa non va alla deriva, anche se prende l’andatura della libertà dell’uomo. È come un fiume. Può portare molta acqua in qualche tratto e in qualcun altro mancarne, raccogliere degli affluenti oppure dare origine a defluenti; contaminarsi e ripulirsi, sommergersi sotto terra e riapparire; allargarsi e contrarsi, buttarsi in un canyon o scorrere lentamente sulla pianura. La legge della pendenza lo porta verso la foce. Il tempo non torna indietro e l’acqua non risale la china. All’uomo tocca, alla luce della Parola di Dio, conoscere le leggi del progredire della storia, approfittare della sua energia, evitare gli scogli, sfruttare i salti. Essa però ha un senso».

Per avviare il confronto comunitario

  1. Rileggi con calma il testo del vangelo. Chiediti se la tua vita è orientata da ciò che sei: figlio di Dio. È questa la tua «robustezza»?
  2. Ogni ansia è sottrazione di vita! Prova a riconoscere o a dare un nome agli affanni che ti... tolgono vita. Elabora un conseguente itinerario per crescere nella fiducia in Dio.
  3. Nessuna paura e nessun timore Dio provvede. Quanto sono fiducioso nel Dio Provvidente che «ama ciò che ha fatto»?
  4. Rileggete comunitariamente le riflessioni di don Vecchi e provate a farvi un programma perché la vostra comunità abbia sempre più un «senso» nella logica della provvidenza.

Per la Preghiera

Vergine e Madre Maria, tu che, mossa dallo Spirito, hai accolto il Verbo della vita nella profondità della tua umile fede, totalmente donata all’Eterno, aiutaci a dire il nostro “sì” nell’urgenza, più imperiosa che mai, di far risuonare la Buona Notizia di Gesù.

Tu, ricolma della presenza di Cristo, hai portato la gioia a Giovanni il Battista, facendolo esultare nel seno di sua madre.

Tu, trasalendo di giubilo, hai cantato le meraviglie del Signore.

Tu, che rimanesti ferma davanti alla Croce con una fede incrollabile, e ricevesti la gioiosa consolazione della risurrezione, hai radunato i discepoli nell’attesa dello Spirito perché nascesse la Chiesa evangelizzatrice.

Ottienici ora un nuovo ardore di risorti per portare a tutti il Vangelo della vita che vince la morte.

Dacci la santa audacia di cercare nuove strade perché giunga a tutti il dono della bellezza che non si spegne.

Tu, Vergine dell’ascolto e della contemplazione, madre dell’amore, sposa delle nozze eterne, intercedi per la Chiesa, della quale sei l’icona purissima, perché mai si rinchiuda e mai si fermi nella sua passione per instaurare il Regno.

Stella della nuova evangelizzazione, aiutaci a risplendere nella testimonianza della comunione, del servizio, della fede ardente e generosa, della giustizia e dell’amore verso i poveri, perché la gioia del Vangelo giunga sino ai confini della terra e nessuna periferia sia priva della sua luce.

Madre del Vangelo vivente, sorgente di gioia per i piccoli, prega per noi. Amen. Alleluia.

Papa Francesco, Evangelii Gaudium 288