Testo evangelico Luca 9,1-6: Egli allora chiamò a sé i Dodici e diede loro potere e autorità su tutti i demòni e di curare le malattie. E li mandò ad annunziare il regno di Dio e a guarire gli infermi. Disse loro: «Non prendete nulla per il viaggio, né bastone, né bisaccia, né pane, né denaro, né due tuniche per ciascuno. In qualunque casa entriate, là rimanete e di là poi riprendete il cammino. Quanto a coloro che non vi accolgono, nell'uscire dalla loro città, scuotete la polvere dai vostri piedi, a testimonianza contro di essi». Allora essi partirono e giravano di villaggio in villaggio, annunziando dovunque la buona novella e operando guarigioni.

Lectio

CONTESTO In questo inizio del capitolo 9, Gesù istruisce i Dodici sui misteri del Regno, che solo dopo la fine del viaggio a Gerusalemme saranno in grado di comprendere. Questa sezione ha come cornice il servizio dei discepoli inviati. Se nel c. 8 i discepoli ascoltano e vedono soltanto, ora, nel c. 9, sono direttamente coinvolti nel destino di Gesù, nella sua missione. È solo in questo coinvolgimento che si può capire a fondo chi è lui, entrare nel suo mistero ed essere trascinati con lui nel suo viaggio a Gerusalemme, che costituisce la seconda parte del Vangelo. Questo brano, dunque, segna l’inizio dell’opera dei discepoli chiamati da Gesù a continuare la sua stessa opera. Da lui e come lui, anch’essi sono inviati. Le consegne che Gesù dà ai Dodici servono da «breviario di viaggio» o «viatico» per la missione della chiesa. È interessante come le parole di Gesù non riguardano l’oggetto dell’annuncio. Esso è ovvio: è il regno di Dio, udito e visto in lui, è lui stesso! Ciò che non è ovvio e su cui Gesù insiste, è «come» deve vivere e presentarsi chi annuncia. Per noi l’importante non è cosa dire, che non dipende da noi, ma come essere, per non contraddire con la vita ciò che annunciamo con la bocca. Questo brano ci dà praticamente la carta d’identità degli inviati: devono riprodurre i lineamenti di chi li invia. Questo «come» è la povertà, l’umiltà, l’umiliazione e il fallimento che ne conseguono. È associazione al Cristo e alla sua stessa fiducia filiale nel Padre che solo riscatta dalla morte. È quell’umiltà che rende fondamentale il «camminare insieme» in una missione condivisa.

Li mandò... I Dodici sono «con-vocati», chiamati insieme per essere «inviati» (apostoli). In questi Dodici è già la comunità, la chiesa stessa, che è inviata. Predicare la conversione, scacciare i demoni, guarire i malati sono i tre compiti del discepolo missionario. Sono le stesse cose che ha fatto Gesù. Compiti da portare avanti con potenza e autorità. La «potenza» (dýnamis) che Gesù dona ai suoi discepoli è la potenza dello Spirito di Dio che a lui è propria, con la quale vince il male e cura i malati. L’«autorità» (exousía) che dona loro è in contrapposizione a quella di satana. Nessun male e nessuna specie di maligno è in grado di vincere il discepolo che ha fede davvero. Questa potenza e autorità è in grado di «curare le malattie» dell’uomo. Su questi tre compiti ogni chiamato/inviato deve confrontarsi e verificarsi.

Disse loro. L’ordine poi di Gesù è quello di prendere solo lo stretto indispensabile, null’altro. È un invito alla povertà intesa come libertà (lasciare per seguire) e fede (il Signore provvederà). Questo imperativo che ordina di «prendere nulla» è seguito da cinque «né», che lo specificano. Il motivo unico di questa povertà, richiesta ai discepoli e che i discepoli effettivamente vivono (cf. At 3,6), è che il Signore l’ha richiesta e l’ha vissuta per primo. È possibile viverla solo come suo dono, concesso a chi conosce «la grazia del Signore nostro Gesù Cristo: da ricco che era, si è fatto povero per voi, perché voi diventaste ricchi per mezzo della sua povertà» (2Cor 8,9). Non c’è altro motivo. La povertà infatti è necessaria per amare. Perché se hai cose, dai cose: solo quando hai nulla, dai te stesso, cioè ami. La povertà è segno di gratuità, principio di ogni vita e grazia, bontà e bellezza. La povertà porta umiliazione e umiltà e ci associa al vessillo di Cristo, la sua croce. La povertà è il vuoto, la condizione per accogliere l’azione di Dio: è sacramento di salvezza, per il quale egli riempie della sua grazia. Per questo Gesù insiste nel chiedere di prendere con sé «il nulla», cioè la totale fiducia nel Padre! Il «nulla» che si deve «prendere» è qualcosa di preciso: questo «nulla» ci associa al suo corpo, del quale disse nell’ultima cena: «prendete», ci associa al corpo di Gesù, che fu «nientificato», alla potenza della sua croce, somma di ogni nullità. Gesù nega tutte le affermazioni che l’uomo ritiene necessarie per il suo cammino: né bastone, né bisaccia, né pane, né denaro, né due tuniche. Il «cammino» del discepolo, che «nulla» prende, è quello che lo associa a Gesù che torna al Padre (Gerusalemme), obbediente alla Parola, che non ha bisogno di nulla, perché sa che il Signore è vicino a quanti lo temono e non lascia mancare nulla a chi lo cerca (cf. Sal 34,10s). L’uomo, animal viator, necessita solo di questo nulla, che gli è bastone, tesoro, pane, denaro e vestito. È il suo viatico.

Dal Testo alla vita.

Fortunati i dodici che avevano «potere e autorità» per la loro azione pastorale. E noi? Come mai siamo così sprovvisti di potere e autorità? Forse perché portiamo con noi tante cose? Fin dove arriva l’affidamento a Dio e incomincia l’impegno personale? Una cosa è certa: non è facile essere apostoli! Non è facile essere servi e null’altro che servi. Forse la debolezza sta in un radicato individualismo, per cui solo quello che faccio io va bene e solo quello che penso io è giusto. Forse è arrivato il momento di rivisitare il nostro essere «comunità in missione»! È un farsi prossimi, che parte dal saper lavorare insieme. Fatevi prossimi! È questo l’invito forte che Gesù fa ai suoi apostoli prima di intraprendere il faticoso e duro viaggio verso Gerusalemme. La Chiesa, la sua comunità è chiamata ad assumersi il dolore, la sofferenza, le speranze di tante persone… facendosi prossimi con umiltà gli uni per gli altri. Risuonano le parole di Papa Francesco quando disse: «Ho detto alcune volte che la Chiesa mi sembra un ospedale da campo: tanta gente ferita che chiede da noi vicinanza, che chiede da noi quello che chiedevano a Gesù̀: vicinanza, prossimità̀. (…) Si tratta di uscire e alzare lo sguardo: “Quanta povertà e solitudine purtroppo vediamo nel mondo di oggi! Quante persone vivono in grande sofferenza e chiedono alla Chiesa di essere segno della vicinanza, della bontà, della solidarietà e della misericordia del Signore”». Nessuno rifiuti tanto amore.

(Papa Francesco nel Discorso ai Catechisti, 19 settembre 2014).

Per avviare il confronto comunitario

  1. Rileggi con calma il testo del vangelo. Chiediti cosa significa entrare nel suo mistero ed essere trascinati con lui nel suo viaggio.
  2. L’ordine di Gesù è quello di prendere solo lo stretto indispensabile. La povertà infatti è necessaria per amare. Perché se hai cose, dai cose: solo quando hai nulla, dai te stesso, cioè ami. Prova a verificare tutto questo.
  3. La povertà è segno di gratuità e umiltà e ci aiuta a rivisitare il nostro essere «comunità in missione»! proviamo a valutare il lavorare e camminare insieme come comunità.

Per la Preghiera. Sia la tua vita bellezza e bontà per ogni persona che incontri. Ti ottenga il Signore per la forza e lo slancio nel servizio, la saggezza degli umili e l’umiltà dei sapienti.