Testo evangelico Luca 8,19-21: Un giorno andarono a trovarlo la madre e i fratelli, ma non potevano avvicinarlo a causa della folla. Gli fu annunziato: «Tua madre e i tuoi fratelli sono qui fuori e desiderano vederti». Ma egli rispose: «Mia madre e miei fratelli sono coloro che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica».

Lectio

CONTESTO

In questi versetti si conclude il discorso sull’ascolto della parola di misericordia, mostrandone il frutto: ci rende madre e fratelli di Gesù, generatori e consanguinei di colui che è la Parola stessa del Padre misericordioso. Entriamo nel numero dei discepoli (vv. 1-3), che conoscono i misteri (v. 10), siamo terreno fertile (v. 15). L’ascolto ci fa diventare madre e fratelli di Gesù: madre in quanto, accogliendo la Parola come Maria, lo Spirito ce la fa concepire; fratelli in quanto, facendola, siamo trasformati in lui, ascoltatore e figlio del Padre. L’appartenenza alla famiglia di Gesù non si fonda su privilegi di sangue riservati a pochi: è aperta a tutti, perché fondata sull’accoglienza alla Parola. Maria infatti è prototipo del vero discepolo e della chiesa. Essa è beata perché crede (1,45) e la sua vera maternità consiste nell’essere «ascoltatrice e fattrice» della Parola (11,27). Per tre volte si nominano «madre e fratelli», indicati come «i suoi» dal cronista (v. 19), «i tuoi» dagli interlocutori anonimi (v. 20), «i miei» da Gesù (v. 21). Chiaramente il problema è di questa maternità fraternità, fondata sull’ascolto fecondo della Parola. Con questi versetti è rafforzato il nostro legame a Maria: affidarsi significa guardare a Lei come modello di sequela e appartenenza a Dio.

«Tua madre e i tuoi fratelli stanno fuori». Dal testo si può dedurre che la visita ha un motivo positivo: il desiderio di «incontrarlo» per «vederlo». Ora in Luca questo è il desiderio fondamentale del discepolo. La vicenda sembra configurarsi, quindi, come un Gesù circondato da folla pressante, mentre un gruppo di parenti, forti della presenza della Madre del Rabbi di Nazareth, chiedeva di interrompere la sua predicazione. Che la Vergine avesse avuto occasione di incontrarlo, accompagnata dai parenti, lo possiamo credere, ma dire che condividesse la loro intenzione di fermare l’opera del Messia andrebbe a contraddire la sua volontà ferrea di servire il Signore con le sue opere, la sua preghiera e la sua vita. Perciò è comprensibile la risposta di Gesù che sposta l’attenzione su ciò che sta facendo, indicando coloro che ascoltavano la sua parola come veri parenti, ma aggiungendo la fondamentale differenza tra chi ascolta e chi fa. I suoi parenti si avvicinano a lui. Ma per incontrarlo non basta essere dei suoi. Qui viene detto il motivo per cui non lo incontrano: tra lui e i suoi c’è di mezzo «la folla». È la folla degli estranei rispetto ai suoi, i quali in realtà risultano essere i veri estranei, perché «stanno fuori» (v. 20). La folla invece sta con lui per ascoltarlo e seguirlo. I parenti quindi (e Israele stesso), se vogliono incontrarlo, devono «entrare» in questa folla di discepoli che per loro sono estranei, ma che in realtà sono i veri parenti, perché lo ascoltano e gli obbediscono. Si contrappone una parentela secondo lo Spirito a una secondo la carne. Questi «suoi» che stanno fuori e desiderano vederlo siamo noi, invitati a entrare più in profondità in questa parentela, attraverso l’ascolto obbediente.

«Mia madre e miei fratelli sono questi: coloro che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica». Certamente possiamo affermare che se c’era qualcuno che desiderava fare la volontà di Dio era la Madre del Signore Gesù, che piena di grazia aveva risposto affermativamente alla richiesta dell’Angelo di essere la Madre di Gesù il Figlio dell’Altissimo: «Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto» (Lc 1, 38). Maria, la Madre del Signore, era maestra nel fare la volontà di Dio. Il fine della parola di Dio è quello di renderci madre e fratelli di Gesù. Il mezzo è l’ascoltare e il fare tale parola. Questa è un seme, forza che genera vita di sua natura. Ora, ogni seme bisogna che sia accolto. Come il fiat di Maria accolse la Parola e la generò al mondo, così il nostro ascolto le dà in noi spazio per vivere, terra per crescere, casa dove abitare. Il credente, nei confronti del mondo, è investito della duplice responsabilità di Maria: accogliere e generare Cristo. Sia la maternità che la fraternità, non sono fondate sulla carne, ma sulla parola del Padre di misericordia.

Ciascuno è chiamato a diventare «madre» (al singolare!). La maternità è quell’ascolto che precede ogni messa in pratica: è la fede, non delegabile ad altri, tutta e propria di ciascuno, che consiste nell’accogliere la parola di misericordia.

Come ciascuno è chiamato a diventare madre di Gesù nell’ascolto, così tutti siamo chiamati a essere suoi «fratelli» (al plurale). Se la maternità è l’ascolto, la fraternità ne è la conseguenza: il fare ciò che si è ascoltato. Dove manca il fare, si è rimandati all’ascoltare! Questo è un criterio concreto di verifica della nostra fede.

Dal Testo alla vita

Accostando queste due espressioni, raggiungiamo quello che secondo Gesù costituisce il criterio di appartenenza alla sua famiglia e fa sì che anche noi possiamo farvi parte. Se il criterio di appartenenza fosse il sangue, noi saremmo esclusi dalla famiglia di Gesù. Maria invece vi apparterrebbe in una maniera unica, con tutta la bellezza e con tutti i limiti, che comporta la maternità umana. Ma Gesù afferma che il criterio di appartenenza alla sua famiglia, il criterio di profonda relazione con Lui, sta nella relazione, che si stabilisce e si intrattiene con la parola di Dio. Non è il sangue, che scorre nelle vene, che conta: conta l’adesione di testa, di cuore e di comportamento alla Parola di Dio. Proponendoci questo criterio, Gesù ci insegna a riconoscere ciò, che fa incomparabilmente grande Maria: la grandezza singolare di Maria non sta tanto nel fatto che ha messo al mondo Gesù, ma sta piuttosto nel modo, con cui ha interpretato la sua maternità. Il principio costitutivo della sua maternità quale fu? Il suo sì all’angelo, che le recò la proposta di Dio. Il suo modo di stare accanto a Gesù come madre in che cosa consistette? Consistette nel fare la madre, tenendo conto prima di tutto che era Figlio di Dio e quindi rifacendosi sempre alla volontà del Padre del suo Gesù. Inteso così, il ruolo materno di Maria diventa esemplare, paradigmatico per tutti. Chi, come Maria, vive, accogliendo con totale dedizione di fede e di amore la Parola di Dio in generale e quella Parola di Dio, che è Gesù in persona, come Maria diventa uno che dà carne alla Parola di Dio, la mette al mondo per il bene degli altri. Chi, come Maria, vive accogliendo con totale dedizione di fede e di amore la Parola di Dio, come Maria si trova a comprendere sempre più Dio come il Padre di Gesù e di tutti e quindi si trova a dovere stabilire relazioni di fraternità. Verifichiamo allora quanto nella nostra vita lasciamo circolare la Parola di Dio come linfa vitale, come elemento di «generatività». Verifichiamo quanto i nostri comportamenti incarnano, mettono al mondo, il comandamento nuovo del Signore, il comandamento del mettere di nuovo al mondo lo stesso amore, con cui Lui ci ha amati. Si fa da madre di Gesù, quando si mette al mondo la fraternità cristiana. Guardiamo a Maria non solo come modello perfetto da imitare, guardiamo a Maria anche, riconoscendola come la nostra Madre e la nostra sorella specialissima e quindi imitiamola, affidandoci alla sua intercessione. Ha scritto il Rettor Maggior don Angel Fernandez Artime nella sua Circolare su Maria «Affida, confida, sorridi» (ACG 430, p.12): «Maria si presenta a don Bosco come maestra di sapienza fin dal sogno dei nove anni. L’evangelista Luca traccia il ritratto di Maria come di una donna sapiente, che custodisce e medita ogni cosa nel proprio cuore. La sapienza biblica, infatti, si caratterizza proprio per la capacità di entrare in ascolto della Parola di Dio che risuona nel quotidiano. Maria è profeta, perché ha un cuore che ascolta, che sa imparare dalla realtà e sa riconoscere in essa i segni dell’intervento di Dio e della sua salvezza. Nei sogni mariani di don Bosco, Maria si presenta spesso come una donna del popolo: concreta, attiva, resa saggia dall’esperienza della vita. Maria insegna a don Bosco a partire dall’esperienza e in vista dell’esperienza, rifugge le astrazioni, stimola l’intelligenza del suo discepolo. È evidente, sotto quest’aspetto, l’influenza di mamma Margherita sull’immaginario mariano di don Bosco. Come mamma Margherita, i “devoti” di Maria Ausiliatrice devono essere profeti con la loro vita, con la loro docilità a lasciarsi provocare dagli avvenimenti, a fare tesoro dell’esperienza, a lasciarsi condurre passo, passo dallo Spirito. Sono profeti prima di tutto perché sono testimoni, poi perché – come educatori – sono capaci di accompagnare altri nel cammino della vita». Possiamo dire di essere «veri devoti» di Maria perché capaci di un «amore autentico per Dio e per i fratelli» e per questo capaci di «volare sul cammino di santità»? (ACG 430, p.7)

Per avviare il confronto comunitario

  1. Rileggere con calma il testo del vangelo. Chiedersi cosa significa per la propria vita «appartenere» alla famiglia di Gesù.
  2. Ancora una volta comprendiamo che maternità-fraternità, è fondata sull’ascolto fecondo della Parola. A che punto siamo? Cosa potenziare?
  3. Affidarsi a Maria significa guardare a Lei come modello di sequela e di appartenenza a Dio. Come sentiamo e presentiamo Maria «Madre e Modello» per la nostra vita cristiana?
  4. Rileggendo il testo del Rettor Maggiore, provare a valutare la devozione mariana della propria comunità.

Per la Preghiera

PREGHIERA A MARIA, DONNA DELL'ASCOLTO

Maria, donna dell’ascolto, rendi aperti i nostri orecchi; fa’ che sappiamo ascoltare la Parola del tuo Figlio Gesù tra le mille parole di questo mondo; fa’ che sappiamo ascoltare la realtà in cui viviamo, ogni persona che incontriamo, specialmente quella che è povera, bisognosa, in difficoltà.

Maria, donna della decisione, illumina la nostra mente e il nostro cuore, perché sappiamo obbedire alla Parola del tuo Figlio Gesù, senza tentennamenti; donaci il coraggio della decisione, di non lasciarci trascinare perché altri orientino la nostra vita.

Maria, donna dell’azione, fa’ che le nostre mani e i nostri piedi si muovano “in fretta” verso gli altri, per portare la carità e l’amore del tuo Figlio Gesù, per portare, come te, nel mondo la luce del Vangelo.

Amen.

Papa Francesco (Preghiera a Maria a conclusione della recita del Santo Rosario, Piazza San Pietro, 31 maggio 2013)