Testo evangelico Luca 8,16-18. Come ricevere e trasmettere l'insegnamento di Gesù «Nessuno accende una lampada e la copre con un vaso o la pone sotto un letto; la pone invece su un lampadario, perché chi entra veda la luce. Non c'è nulla di nascosto che non debba essere manifestato, nulla di segreto che non debba essere conosciuto e venire in piena luce. Fate attenzione dunque a come ascoltate; perché a chi ha sarà dato, ma a chi non ha sarà tolto anche ciò che crede di avere».

Lectio

CONTESTO

In questo breve testo si afferma come l’ascolto della Parola sia una luce che accende il discepolo, perché faccia luce a chi è ancora nelle tenebre: è la coscienza missionaria della chiesa di Luca. Prima la Parola era un seme, forza vitale spontanea che richiama la necessità del buon terreno. Ora essa è «luce», naturale necessità di illuminare gli altri. Chi ha realmente accolto la Parola, è acceso da essa e la trasmette agli altri. Queste parole sono rivolte ai discepoli perché, dalla loro effettiva testimonianza, possano verificare se hanno davvero accolto la Parola. La coscienza missionaria in Luca affiora di continuo, con «SCIENZA» una stretta connessione tra identità del credente e rilevanza della sua testimonianza: nella misura in cui uno accoglie la Parola ne è illuminato e fa luce agli altri. La missionarietà della chiesa è un fatto naturale come per la luce illuminare. Se non illumina, non è luce. In quanto luce è in grado di portare gli altri a entrare nei misteri. Cristo Gesù, luce del mondo (Gv 8,12), ha acceso il suo fuoco nei discepoli: divamperà fino agli estremi confini della terra. Il contesto, pertanto, in cui Luca colloca questa frase, si riferisce alla spiegazione che Gesù ha dato della parabola della semina (Lc 8,9-15). É come se dicesse: le cose che avete appena ascoltato non dovete guardarle per voi, ma dovete irradiarle agli altri. Un cristiano non deve aver paura di dare testimonianza ed irradiare la Buona Notizia. L’umiltà è importante, ma è falsa l’umiltà che nasconde i doni di Dio dati per edificare la comunità (1Cor 12,4-26; Rom 12,3-8). Irradiare la «luce» che è Dio, significa essere «sapienti» e sprigionare quella luminosità che dà vita. Gesù è con noi e ci chiede impegno continuo per essere testimoni sapienti di luce!

Chi entra veda la luce. Questa di Gesù è una breve parabola. Gesù non spiega, perché tutti sanno di cosa si trattava. Apparteneva alla vita di ogni giorno. In quel tempo, non c’era luce elettrica. La parola di Dio è una lampada che bisogna accendere nell’oscurità della notte. Se rimane chiusa nel libro della Bibbia, è come la lampada sotto un vaso. Ma quando è posta sul tavolo illumina tutta la casa, e quando è letta in comunità è comunicata alla vita. Il discepolo è la lampada accesa a tale luce. Il discepolo è la lucerna accesa a questa luce: mediante l’ascolto e l’obbedienza è giunto alla conoscenza dei misteri. Egli è già stato «illuminato» per il battesimo. Anche se in un vaso di argilla, ha già questo tesoro, che non deve essere nascosto. La mia debolezza non può essere un pretesto per occultarlo, bensì mezzo per manifestare che tale potenza viene da Dio (2Cor 4,7). «La nostra scienza più eminente è Cristo!». Nulla mi dispensa dal donare ciò che mi è stato donato. Per questo Paolo dice «Guai a me se non predicassi il vangelo» (1Cor 9,16). Il dono non può neanche essere nascosto sotto «il letto», chiuso nella mia intimità. Tanto meno va nascosto sotto il letto della mia pigrizia e del mio peccato che mi tiene bloccato. Per questo il dono ha bisogno di essere «ravvivato» continuamente, attraverso una «formazione continua» che, in questo caso, significa coltivare un amore e uno studio costante per la Parola di Dio, fonte di luce. Solo questo permetterà a «chi entra di vedere la luce».

Nulla di segreto. Ciò che è «nascosto» sono ovviamente i «misteri del Regno», che, come ai discepoli (v. 10a), così devono essere rivelati anche agli altri (v. 10b). L’enigma delle parabole e la luce che emana da chi è già entrato, li invita a entrare in un ascolto più profondo. La comprensione dei misteri del Regno sarà frutto del lento cammino di ascolto della Parola. È questa la «scienza» che il discepolo deve conquistare. Paolo parlerà di un mistero nascosto, rivelato nell’annuncio del vangelo, che deve essere studiato in tutta la sua «ampiezza, lunghezza, altezza e profondità», per «conoscere l’amore di Cristo che supera ogni conoscenza» ed essere «ricolmi di tutta la pienezza di Dio» (Ef 3,18). Dall’annuncio che svela il mistero, bisogna arrivare a una conoscenza sempre più profonda del mistero stesso. Luca sottolinea la progressività di questo cammino, dicendo che ciò che è nascosto «diverrà» manifesto e che ciò che è «segreto» giunge alla luce. In un divenire e giungere progressivi, tutti siamo introdotti in quella «conoscenza» che ci rende familiari di Dio.

Fate attenzione a come ascoltate. È il centro del brano. Per non guardare senza vedere e ascoltare senza capire, bisogna guardare a come si ascolta. Il che significa essere in grado di «curare» costantemente la propria formazione all’ascolto per diventare luce. Questa riflessione tematica sull’ascolto è motivata anche dall’urgenza di illuminare gli altri che devono «entrare». Sia per noi che per gli altri, dobbiamo verificare il nostro ascolto: la nostra lucerna è accesa, secondo il comando del Signore (12,35)? La testimonianza riporta all’autenticità. Ciò che sei fa da cassa di risonanza a ciò che dici. La vera rilevanza è la tua identità: questa può confondere, smorzare, imbruttire o falsare il tono del canto che Dio rivolge all’uomo. C’è stretta connessione tra annuncio e vita di chi annuncia: questi è sempre martire, testimone nella sua vita della Parola che porta. Per illuminare, devo essere acceso! Se non illumino, non sono acceso; e se non sono acceso, non illumino. C’è una circolarità tra autenticità di vita e annuncio efficace: se la mia fede è genuina, il mio annuncio fa luce; se il mio annuncio fa luce, la mia fede è genuina. Questo è sufficiente per motivare il nostro impegno di formazione!

DAL TESTO ALLA VITA

«Fate attenzione a come ascoltate»; il richiamo di Gesù alla folla che accorreva da lui è molto forte per ribadire l’essenziale del rapporto con la sua persona. La relazione s’imposta sull’ascolto reciproco in cui quello di Gesù è il modello. Gesù è in ascolto del Padre e quindi anche dei fratelli; dall’ascolto ne deriva l’agire da cui traspare il pensiero nascosto nel segreto del cuore. L’ascolto apre alla comprensione e da essa all’azione. Gesù usa l’immagine della lampada accesa che va posta sul candelabro perché chiunque entri in casa veda la luce. L’ascolto della Parola di Dio è ascolto di Dio, nel senso che l’ascolto è relazione tra persone che non solo parlano, ma si parlano, cioè non solo comunicano ma si comunicano. C’è, per così dire, uno scambio reciproco per cui l’uno è ospitato dall’altro nella condivisione e comunione dei vissuti interiori. Ascoltare significa essere per l’altro una casa abitata, viva e accogliente in modo che chi vi entra trovi la luce accesa e veda la luce che rende viva la casa. La Parola di Dio interiorizzata è per noi la luce che fa del nostro corpo una casa che accoglie il pellegrino e che in essa trova comprensione, amicizia, sostegno, incoraggiamento.

In Gesù Dio Padre ha acceso la luce elevandola sul candelabro della croce perché ogni uomo potesse contemplare la luminosa gloria del Signore. Il suo misterioso progetto d’amore per l’uomo diviene visibile e conoscibile nel crocifisso risorto. Attraverso le nostre azioni scegliamo se porre in alto questa luce perché tutti vedendola se ne possano rallegrare e ne traggano giovamento, oppure tentare di spegnerla coprendola con la cattiveria e il peccato. Ha affermato papa Francesco (Santa Marta, 19 settembre 2016): «Se non si vuole essere cristiani solo «di nome», bisogna far proprio l’impegno quotidiano a «custodire e non nascondere» quella luce che ci è stata data nel battesimo. Un impegno che si realizza nella vita «di tutti giorni», facendo attenzione a non cedere ad alcune tentazioni nelle quali si è invece portati a cadere. Custodire la luce è custodire qualcosa che ci è stata data come dono e se noi siamo luminosi, siamo luminosi» nel senso «di aver ricevuto il dono della luce nel giorno del Battesimo». Ora questa luce che dà Gesù nel battesimo «è una luce vera», una luce «che viene da dentro, perché è una luce dello Spirito Santo. Non è una luce artificiale, una luce truccata. È una luce mite, serena che non si spegne più». Per questo «non va coperta». E «se tu copri questa luce, divieni tiepido o semplicemente cristiano di nome».

Per avviare il confronto comunitario

  1. Rileggi con calma il testo del vangelo. Nella misura in cui uno accoglie la Parola ne è illuminato e fa luce agli altri. È così la tua esperienza di «formazione» alla scuola della parola?
  2. Il dono della luce è un dono che va ravvivato e custodito continuamente. Quanto tempo e quante energie impieghiamo per «ravvivare il dono di Dio che è in noi»?
  3. Attraverso le nostre azioni scegliamo se porre in alto questa luce. Proviamo a verificare le nostre azioni personali e comunitarie per capire se a guidarci è Cristo «scienza eminente» della nostra consacrazione.

Per la Preghiera

Gesù mio, aiutami a diffondere la tua fragranza ovunque io vada. Infondi il tuo spirito nella mia anima e riempila del tuo amore, affinché penetri nel mio essere in modo così completo che tutta la mia vita possa essere soltanto fragranza e amore trasmesso tramite me e visto in me, e ogni anima con cui vengo a contatto possa sentire la tua presenza nella mia anima, e poi guardare in su e vedere non più me, ma Gesù. Resta con me, e io comincerò a brillare della tua luce. A brillare per essere una luce per gli altri. La luce, Gesù mio, sarà la tua, non verrà da me, sarà la tua luce che brilla sugli altri attraverso me. Lascia che ti rivolga le mie preghiere nel modo che più ami, spargendo la luce su quelli che mi circondano. Lasciami predicare senza predicare, non con le parole, ma con l'esempio. Con la forza che attrae e l'influsso di quello che io faccio. Con la forza che attrae e l'influsso di quello che io faccio. Con la pienezza dell'amore che ho per te nel mio cuore. Amen. Santa Madre Teresa di Calcutta