Si parte da san Francesco, amico dei poveri, e si arriva al beato Charles de Foucauld, fratello universale. Un itinerario che passa attraverso le tante oscurità del nostro tempo, senza però mai perdere la speranza, perché la luce della grazia – in modo tanto misterioso quanto efficace – sempre abita il mondo e tutti coloro che lo abitano. In fondo, il Santo Padre è convinto «che è possibile accettare la sfida di sognare e pensare ad un’altra umanità» (Fratelli tutti, n. 127). E noi siamo con lui in questo sogno! Tutti noi, dediti da sempre alla pastorale giovanile, non possiamo che condividere totalmente questo immaginario positivo, che ha come fondamento «la legge suprema dell’amore fraterno» (Fratelli tutti, n. 39) e come ispirazione biblica fondamentale la parabola del buon samaritano (Lc 10,25-37). A partire da queste coordinate possiamo concretamente e quotidianamente contrapporci ad ogni logica di violenza e di potere, perché come il viandante occasionale della nostra storia, ci vuole solo il desiderio gratuito, puro e semplice di essere popolo, di essere costanti e instancabili nell’impegno di includere, di integrare, di risollevare chi è caduto; anche se tante volte ci troviamo immersi e condannati a ripetere la logica dei violenti, di quanti nutrono ambizioni solo per sé stessi e diffondono la confusione e la menzogna. Che altri continuino a pensare alla politica o all’economia per i loro giochi di potere. Alimentiamo ciò che è buono e mettiamoci al servizio del bene (Fratelli tutti, n. 77). Da sempre siamo convinti che il nostro essere cristiani non consiste solamente nella denuncia teorica del male, ma soprattutto si esprime offrendo una testimonianza di vita buona nell’esistenza di tutti giorni, attraverso scelte concrete di servizio generoso verso coloro che hanno ricevuto meno dalla vita. Qui si gioca l’essenziale del Vangelo. Che non è teoria sulla vita, ma vita buona in atto, un “dare di più a chi ha avuto di meno” che si esprime con efficienza ed efficacia. Nel primo Concilio della Chiesa nascente colpisce oltremodo che gli apostoli non solo attestano che la fede procede dalla grazia, chiarendo che la salvezza è un dono gratuito che viene dal sacrificio di Cristo e non certo dalle nostre opere e dai nostri sforzi personali o comunitari. Aggiungono però immediatamente che le opere del bene sono la prima espressione della grazia ricevuta e accolta: oltre alle grandi indicazioni contenute nel capitolo quindicesimo degli Atti degli Apostoli – «astenersi dalle carni offerte agli idoli, dal sangue, dagli animali soffocati e dalle unioni illegittime» (At 15,29) – Paolo ricorda che le colonne della Chiesa «ci pregarono soltanto di ricordarci dei poveri, ed è quello che mi sono preoccupato di fare» (Gal 2,10). Quindi le opere sono allo stesso tempo inessenziali – per quanto riguarda il dono della grazia – ed essenziali – per quanto riguarda la verifica di essere entrati in tutto e per tutto nel ritmo di quella grazia salvifica.

Una pastorale giovanile concreta e quotidiana. Ritorniamo all’oggi e alla pastorale giovanile. È da anni, perfino da decenni, che lo ripetiamo: il luogo di espressione della pastorale giovanile è la vita quotidiana, è la vita ordinaria. Certo, ci sono momenti speciali nella pastorale giovanile: convocazioni comunitarie, eventi importanti, esperienze forti. Ma sono tutte al servizio delle scelte di vita quotidiana, sono come il sale che devono insaporire tutti i cibi, sono come il lievito che devono far fermentare il pane quotidiano, quello di cui ci si nutre tutti giorni. Perché il quotidiano è lo spazio ordinario in cui si rivela la bontà della nostra proposta di configurare la vita umana secondo la logica del Vangelo. È lì che si costruisce, giorno per giorno, la nostra santità. Per questo nel Dossier che segue parliamo di economia giusta, di finanza responsabile, di utilizzo solidale delle risorse naturali ed economiche, di iniziative che esaltano il protagonismo giovanile in questi campi. Come in tutti gli altri ambiti della vita umana, anche nel mondo dell’economia e della finanza siamo chiamati ad incarnare la vita buona del Vangelo. Accompagnare i giovani a fare buon uso del denaro, a vivere la solidarietà e la condivisione attraverso un’economia giusta e una finanza responsabile non sono un optional della vita cristiana, ma espressioni concrete della sua verità essenziale ed esistenziale. Ancora di più: vivere l’amicizia sociale e la fraternità universale in questo ambito della vita umana significa essere convinti che «un’economia integrata in un progetto politico, sociale, culturale e popolare che tenda al bene comune può “aprire la strada a opportunità differenti, che non implicano di fermare la creatività umana e il suo sogno di progresso, ma piuttosto di incanalare tale energia in modo nuovo”» (Fratelli tutti, n. 179). L’economia è dunque uno spazio adeguato e aperto per esprimere il genio solidale degli uomini, e quindi anche dei giovani, che senz’altro possono dare degli stimoli di rinnovamento anche qui.

Contro l’anticultura dello scarto. Per arrivare a questo bisogna essere sostenuti da convinzioni profonde, che attingono all’uomo e alla sua identità profonda. È proprio il riconoscimento della dignità inalienabile della persona umana il fulcro del pensiero sociale cristiano, tanto che in esso «ogni altro principio e contenuto della dottrina sociale trova fondamento» (Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa, n. 160). Per vivere nel migliore dei modi l’economia è necessario pensare con giustizia l’uomo, cioè averne una visione coerente e corretta – che faccia cioè leva sulla sua genesi creaturale, sulla sua identità filiale e sul suo destino eterno – perché dobbiamo essere consapevoli che «persistono oggi nel mondo numerose forme di ingiustizia, nutrite da visioni antropologiche riduttive e da un modello economico fondato sul profitto, che non esita a sfruttare, a scartare e perfino ad uccidere l’uomo» (Fratelli tutti, n. 22). E la pastorale della Chiesa, in cui sta incastonata la pastorale giovanile, da sempre si contrappone alla “cultura dello scarto”, che ad essere sinceri è una forma di “anticultura”, perché umilia ciò che di buono, vero, bello, giusto e santo c’è nell’uomo e nella creazione. Effettivamente «l’inclusione o l’esclusione di chi soffre lungo la strada definisce tutti i progetti economici, politici, sociali e religiosi» (Fratelli tutti, n. 69). E noi non possiamo non prendere posizione, visto che «ogni giorno ci troviamo davanti alla scelta di essere buoni samaritani oppure viandanti indifferenti che passano a distanza» (Fratelli tutti, n. 69). Chiamati a prendere posizione con la nostra esistenza personale e comunitaria e spinti dalle pagine che seguono – coordinate in maniera magistrale da suor Alessandra Smerilli, che riconosciamo esperta di livello mondiale in questo campo così delicato e decisivo dell’economia e della finanza e che davvero ringraziamo anche di questo impegno a favore della nostra Rivista e tutti i suoi fruitori – desideriamo anche noi sintonizzarci con quel buon samaritano che non ha esitato a donare il suo prezioso tempo e a cambiare i suoi programmi di vita per chinarsi sulle ferite del suo prossimo.

Da https://notedipastoralegiovanile.it/newsletter/2020/dicembre.html