Così alla luce di Cristo le Scritture vengono lette e interpretate, a partire dalla creazione fino all’annuncio del dono di “un cuore nuovo” da parte di Ezechiele profeta ed alla narrazione della scoperta della tomba vuota nel brano evangelico. È un lungo cammino, il cammino della storia, il pellegrinaggio delle “quattro notti”, letto alla luce della Pasqua di Israele e di Gesù̀. In questo cammino si inserisce anche l’“oggi” della Chiesa e dell’umanità̀ che vede realizzarsi nel presente della celebrazione ciò̀ di cui fa memoria e ciò̀ che attende.

Riflessione

Le melodie della Parola. La liturgia della Parola della notte di Pasqua è particolare perché́ in essa la Parola di Dio risuona in tutte le forme nelle quali risuona e si incarna nella Bibbia. Infatti nelle Scritture ebraico-cristiane la Parola di Dio non è contenuta in un’unica forma, ma nella pluralità̀ che il Canone biblico ci ha tramandato. Nella Scrittura innanzitutto Dio ci parla nella storia e negli eventi che in essa si realizzano. Questo aspetto lo troviamo nella Torah nella quale Dio è colui che crea, libera e salva. Nella seconda parte del canone biblico, seguendo la distribuzione ebraica dei libri, Dio si rivela nei profeti come colui che parla. Una parola di Dio capace di illuminare e di interpretare la storia. Poi abbiamo gli Scritti, nei quali la Parola di Dio si comunica nella sapienza umana e illumina la vita concreta. Nella terza parte del canone biblico troviamo la Parola di Dio anche nella parola che l’uomo rivolge a Dio stesso, in modo particolare nei Salmi. Infine, in quello che per i cristiani è il Nuovo Testamento, la Parola di Dio si incarna e risuona nella carne del Figlio, che ha posto in mezzo a noi la sua tenda. Nella liturgia della Parola della Veglia troviamo dunque tutte le sfumature e le forme in cui la Parola di Dio si è comunicata e si comunica all’umanità̀: nella Torà (Genesi, Esodo), nei Profeti (Isaia, Baruc, Ezechiele), negli Scritti (Salmi), nel Nuovo Testamento (Romani e Vangelo). In questa Notte santa, alla luce del cero pasquale, la Chiesa si mette in ascolto della Parola di Dio in tutte le sue forme. Per questo la Veglia diviene anche per i credenti una scuola di ascolto della Parola.

Iniziando dalla fine. Volendo percorrere brevemente l’itinerario che la liturgia della Parola della Veglia ci fa compiere e cogliere il senso pasquale che ne emerge, è fruttuoso partire dalla fine. Cioè̀ non partiamo dalla prima lettura (creazione), ma dal racconto della cena nella liturgia eucaristica. Come la Cena ha aperto il Triduo, così la Cena lo conclude. La Cena è custode del senso della Pasqua di Gesù̀, perché́ è lui stesso che ce l’ha consegnata per custodire la sua memoria in mezzo a noi. Così non possiamo leggere le pagine di Scrittura che troviamo nella Veglia senza partire dai gesti e dalle parole che il Signore ci ha lasciato, per comprendere suo mistero pasquale e anche il senso della nostra vita di battezzati. Poi troviamo due passi del Nuovo Testamento. L’annuncio della risurrezione del Signore secondo Luca (vangelo) e un brano della Lettera ai Romani (epistola). Nel primo si annuncia l’evento: delle donne ormai senza speranza, che vanno alla tomba per trovare un cadavere. Avevano sperato in Gesù̀ e posto in lui la loro speranza, ma ora è tutto finito e non resta che ungere il suo corpo, per porre il sigillo definitivo sulla sua vita. Le donne però scoprono l’inedito, la novità̀ di Dio. Ecco che risuona una domanda che ribalta tutto, una luce che trasfigura il loro e il nostro sguardo e ci fa “dimenticare” i nostri riti funebri sulle macerie del nostro futuro: «Perché́ cercate il vivente tra i morti?» (Lc 24,5). Perché́ cercate lì dove non potete trovare? Perché́ cercate nel posto sbagliato, con uno sguardo sbagliato? Perché́ non ricordate le sue parole, la sua Parola? Se il testo evangelico annuncia l’evento della risurrezione del Signore, il brano della Lettera ai Romani, facendo riferimento al Battesimo, ci dice che cosa c’entra con noi quell’evento. Paolo annuncia ai credenti che quell’evento deve suscitare ancora oggi in noi una profonda emozione, come l’ha suscitato nei primi cristiani. Anche noi siamo “con-sepolti” con Cristo, per essere con lui risuscitati. Paolo ci invita a leggere la Pasqua di Gesù̀ come un fatto che ci riguarda. Questo rapporto tra vangelo ed epistola, in fondo, illumina tutta la liturgia della Parola della Veglia pasquale: infatti ogni lettura che viene proclamata è da leggersi in quest’ottica battesimale, verso la quale la lettura tratta dalla Lettera ai Romani ci guida. L’ottica cioè̀ di una storia di salvezza che tocca e incrocia oggi la vita della Chiesa e dei credenti.

I testi profetici. Andando sempre indietro troviamo quattro letture profetiche: una di Ezechiele, una di Baruc e due di Isaia. Ezechiele è come il culmine di questa parte profetica della liturgia della Parola. Il passo di Ez 36,16-38 si situa in un contesto di rinnovamento: un rinnovamento che raggiunge l’uomo fin nel suo intimo. Il prologo storico (vv. 17-29) ci parla di una storia di peccato e di ribellione. Come dice L. Alonso Shokel tutto sembra poggiare su un prologo di peccati. Di fronte a questa storia Dio non agisce “mosso dal peccato”, ma “per se stesso”, per santificare il suo nome. Non siamo davanti all’affermazione di un Dio “egoista”, ma al liberante annuncio della assoluta gratuità dell’agire di Dio: è l’amore di cui parla Paolo in Rm 5,8: mentre eravamo peccatori Dio ha manifestato il suo amore, perché́ Cristo è morto per noi. Questo testo di Ezechiele diviene manifestazione del senso della Pasqua come azione gratuita di Dio, che sempre si rinnova nella storia nonostante il peccato e l’infedeltà̀ degli uomini. La parola profetica applica questo annuncio ad ogni momento della storia umana, che può̀ essere rinnovata dallo Spirito (ruach) creatore di Dio.

Le notti di Dio. Poi abbiamo una terza parte della liturgia della Parola, che potremmo intitolare: le notti di Dio (cf. il “Poema delle quattro notti” nel Targum di Es 12). Qui troviamo, andando sempre a ritroso, il passaggio del Mar Rosso (Es 14,15- 15,1), la prova di Abramo (Gn 22,1-18), la creazione (Gn 1,1-2,4a). Si va dalla liberazione alla creazione. Innanzitutto troviamo l’annuncio di un Dio che libera e salva (III lettura). L’evento del passaggio del mare avviene perché́ è opera di Dio: questo è uno dei messaggi principali del testo. Non si tratta di una conquista dell’uomo, non è Israele che combatte e vince il suo avversario, come capiterà̀ in altre occasioni dove pure egli vedrà̀ all’opera la mano del suo Dio, ma qui il popolo è “spettatore” di un Dio che “combatte per lui”. Nel brano della prova di Abramo (II lettura) troviamo il tema della promessa di Dio, che riguarda non solo la vita del Patriarca, ma anche dell’intero popolo di Dio. Nel contesto della Veglia pasquale possiamo sottolineare un aspetto importante che alcuni commentatori hanno osservato riguardo a questo testo (A. Wénin). La promessa di Dio è una prova per Abramo: che cosa farà̀ della realizzazione della parola che Dio ha pronunciato per la sua vita? Anche per noi vale la medesima cosa: di fronte al dono di Dio, alla vita nuova della Pasqua di Gesù̀, come ci comporteremo? Sapremo spendere fino in fondo la nostra vita o cercheremo di aggrapparci gelosamente ad essa? Infine abbiamo il racconto della creazione (I lettura). A questo punto è chiaro che non possiamo leggere questo testo nella Veglia pasquale senza pensare alla nuova creazione che è stata inaugurata dalla pasqua di Cristo. Non dimentichiamo che il primo giorno dopo il sabato è anche il giorno in cui Dio ha dato inizio alla creazione, separando la luce dalle tenebre. Leggere il racconto della creazione alla luce del cero pasquale, ci deve spingere a non fermarci a pensarla solamente come ciò̀ che è accaduto all’inizio, ma anche come annuncio di ciò̀ che dovrà̀ realizzarsi alla fine. Nella creazione è il sogno di Dio, la nuova creazione in Cristo, che viene annunciata all’assemblea liturgica radunata per la Veglia di Pasqua.

Notte custode di un “segreto”. Nel canto dell’Exultet si ricorda un fatto singolare della fede cristiana. Questa notte è la sola che ha conosciuto i tempi e l’ora in cui Cristo è risorto. Questa notte custodisce per noi un “segreto” che nessuno conosce. Nessuno dei vangeli, infatti, e nessuno scritto del Nuovo Testamento ci narra l’evento della risurrezione di Gesù̀. Il centro della nostra fede, l’evento più̀ importante sul quale si fonda la fede cristiana non è stato descritto da nessuno, da nessuno è stato visto: solo questa notte ne custodisce per noi il mistero. In essa ognuno può̀ diventare “testimone oculare” di ciò̀ che occhio non vide né orecchi udì̀ (1Cor 2,9).