Nella sua lettera il Papa si rivolge ai giovani, perché li ritiene già una profezia di un’economia attenta alla persona e all’ambiente. Sa bene che essi sono «capaci di ascoltare col cuore le grida sempre più angoscianti della terra e dei suoi poveri in cerca di aiuto e di responsabilità, cioè di qualcuno che “risponda” e non si volga dall’altra parte».

L’evento è intitolato: “The economy of Francesco”: Papa Francesco e i suoi appelli per un’economia che non crei scarti, Francesco di Assisi che nell’abbraccio con il lebbroso sposa la povertà, e dalla cui tradizione nascono le prime banche per l’aiuto ai poveri, i monti di pietà. Ma Francesco e Francesca sono anche ogni giovane che parteciperà all’evento, perché ognuno si impegnerà in un patto per cambiare se stesso e l’economia.

L’evento vedrà momenti di ascolto, percorsi di conoscenza e di riflessione nei luoghi di Francesco, ma anche tanti momenti di confronto e di dialogo in quelli che sono stati chiamati villaggi tematici: finanza e umanità, agricoltura e giustizia, lavoro e cura, profitto e vocazione, management e dono, vita e stili di vita, energia e povertà, e vari altri.

Uno dei villaggi è intitolato: “Economia è donna”. Si è pensato a lungo se inserire nei lavori un villaggio tematico dedicato alle donne, proprio perché trasversale ai vari nuclei, ma alla fine lo si è posto come un segno, e dovrebbe svolgersi nel monastero delle clarisse di Assisi. Economia è donna perché la sua radice, oikos-nomos, ci richiama alla gestione della casa, dove per casa possiamo intendere le mura domestiche, ma anche la nostra casa comune. Ma è donna, anche perché senza un qualificato apporto femminile non c’è futuro per l’economia.

La scienza economica moderna, infatti, si è costruita tutta al maschile. Non poteva essere diversamente, per i tempi in cui si è andata delineando come scienza autonoma, cioè alla fine del 1700. Abbiamo un padre fondatore, Adam Smith, ma non una madre fondatrice. Ed è anche difficile rintracciare le prime donne economiste, dal momento che diverse usavano pseudonimi maschili per poter pubblicare le proprie ricerche.

Nel 1869 l’economista John Stuart Mill pubblicò un libro dal titolo “The subjection of women” e così si esprimeva in esso: “Il principio che regola gli attuali rapporti sociali tra i due sessi — la subordinazione dell’uno all’altro sancita per legge — è un principio scorretto in sé che, diventato ormai uno dei principali ostacoli al progresso umano, andrebbe sostituito con un principio di assoluta uguaglianza”. Da allora molto è cambiato, e, almeno in termini di principio, oggi quasi nessuno oserebbe mettere in dubbio la sostanziale pari dignità tra uomo e donna. Ma all’epoca del libro, e per molti anni a seguire alle donne sono stati negati molti diritti, compreso l’accesso agli studi. Il libro di Mill è stato ispirato dalla moglie Harriet e scritto insieme a lei, come lo stesso Mill dichiara nella sua autobiografia, ma unico autore ufficiale risulta lui. Potremmo continuare, e scopriremmo che tuttora la componente femminile nella scienza economica e nell’accademia, è di gran lunga inferiore a quella maschile.

Ci si chiederà perché è così importante che ci siano donne a pensare l’economia. E ci domandiamo se abbia un senso parlare di un ruolo femminile nella dimensione sociale ed economica, e quindi se c’è uno specifico del femminile in questa sfera.

Per rispondere bisogna evitare di cadere in due trappole. La prima è quella in cui cade chi sostiene che pari dignità equivalga a perfetta uguaglianza, per cui non ha senso parlare di un ruolo della donna, in quanto esso non è distinto dal ruolo dell’uomo. Ma questo modo di ragionare ha portato pian piano ad assumere il maschile come prototipo a cui rapportare tutto. L’economista Victoria Bateman così scrive nel giornale “The Guardian”: “Le domande a cui gli economisti cercano di rispondere, gli strumenti che utilizzano, le assunzioni standard che fanno lungo il percorso, e ciò che scelgono di misurare, tutto riflette un modo tradizionale e maschile di guardare al mondo”.

Dall’altra parte (la seconda trappola) c’è chi esaspera le specificità della donna, rendendola ancor più fonte di discriminazione. Allora ad Assisi ci si chiederà se alcuni talenti femminili sono capacità generative, o semplicemente “soft-skills”. Ci domanderemo se ci sono impatti differenti sulle donne, rispetto agli uomini, della crisi ecologica. Ma rifletteremo anche su come superare alcuni stereotipi. Una giovane che parteciperà testimonia: “Nel nostro contesto le donne credono che il loro compito sia legato al ‘fare’ e non al ‘pensare’. E se lavorano fuori casa, tutto il lavoro di cura dentro casa spetta comunque solo a loro. Come possiamo cambiare questo modo di auto-percepirsi delle donne?”.

Fino ad ora lo sguardo sulla casa e sulla nostra casa comune, è stato molto maschile. L’uomo guarda soprattutto al lavoro, agli aspetti materiali e istituzionali: tutto ciò è molto importante, ma se diventa uno sguardo assoluto può deformare la realtà. La donna guarda maggiormente ai rapporti, a tessere reti, a ciò che ha a che fare con la cura.

Anche questo è uno sguardo che da solo non basta, ma ne sentiamo la mancanza dentro le grandi aziende, a livello politico, nelle istituzioni in generale. Abbiamo bisogno di iniziare, o continuare a guardare questa casa con uno sguardo di donne. Soprattutto, è necessario iniziare a guardarla insieme, uomini e donne. A immaginarne insieme il futuro, e in questo i giovani sapranno stupirci. Loro, l’adesso di Dio per noi, ci aiuteranno ad allargare i nostri orizzonti.

Alessandra Smerilli (Figlia di Maria Ausiliatrice (FMA), docente di Economia Politica alla Pontificia Facoltà “Auxilium” di Roma)

da http://www.osservatoreromano.va/it/news/leconomia-e-donna