Un modo diverso per festeggiare don Bosco e fermarsi a riflettere insieme su un tema importante: accompagnare i figli nell’esperienza della fede.

La prima provocazione arrivata ai partecipanti è stata quella di riflettere sul compito educativo per eccellenza, che non si ferma a volere bene e a cercare con tutte le forze il bene dei propri figli, ma si impegna a guardare con stupore a questi ragazzi, curando di mettersi al servizio di quel Bene che essi stessi custodiscono nella loro vita e che i genitori non conosceranno mai fino in fondo.

Allo stesso tempo, per entrare in argomento è stato necessario puntualizzare qualcosa sui termini, a partire dalla categoria dell’accompagnamento, tanto cara al linguaggio del Sinodo sui Giovani, la fede e il discernimento vocazionale. Nell’immaginario comune, infatti, spesso l’accompagnamento è inteso come un servizio asimmetrico di una persona che ha un bene, verso un’altra che da sola non potrebbe raggiungere il suo scopo. In termini educativi, invece, l’accompagnamento è fondamentalmente “fare la strada con…”, è un’esperienza di reciprocità in cui la persona più esperta non è detto che ‘sappia la strada’, ma ha le categorie necessarie per riconoscere i segni con cui è mappato un sentiero, ha senso dell’orientamento perché conosce la direzione e come ritrovarla in caso di errore ed ha un buon navigatore perché non si affida solo a se stesso, riconoscendosi essa stessa una persona in cammino! Per questo non fa meno fatica dell’altro, a volte sa solo ricordarsi a cosa serve quella fatica! Non capisce tutto. Non sa tutto. Ma sa che tutto ha senso.

Il secondo punto da chiarire è stato cosa si intendesse per “fede”, arrivando a definirla un incontro e una relazione con una persona che ci ha cambiato la vita: il Signore Gesù. Con queste premesse, è divenuto chiaro che non è possibile accompagnare i figli nell’esperienza della fede se questa esperienza non è anzitutto dei genitori e se questo cammino non sono pronti a batterlo per primi loro, con la fatica che questo implica e con le soddisfazioni che da questo nascono!

In un cammino condiviso di questo genere, l’accompagnamento dovrà connotarsi come esperienza preventiva perché gioca la propria autorevolezza a partire da una relazione che si fa presenza interessata alla vita e che cerca punti di incontro e di dialogo fin da quando i figli sono ancora piccoli per mettere le basi fondamentali di una relazione che diventerà inevitabilmente difficile nel fantomatico tempo dell’adolescemenza. Sarà un’esperienza che passa nella ferialità della vita, a partire dalla condivisione di piccoli momenti di gioia e di svago, di riflessione insieme e di preghiera, dimostrando che è sempre ben speso il tempo passato con i figli e che l’esperienza di fede non è qualcosa di parallelo alla vita quotidiana, ma la permea dal di dentro. Infine, sarà un’esperienza che si fonda e suscita responsabilità perché sa di lavorare con un seme che porta in sé un potenziale di vita straordinario, che sfugge al controllo del genitore stesso, un po’ come il seme della parabola, che cresce da solo ma ha bisogno di quell’uomo che con coraggio e intima sapienza, lo getta nel terreno: «Diceva: “Così è il regno di Dio: come un uomo che getta il seme sul terreno; dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce. Come, egli stesso non lo sa”».

Da “Toscana Oggi”