Così il Salmo 97/98 ci ha detto che “il Signore ha fatto conoscere la sua salvezza” a tutti i popoli della terra. E infine la Lettera agli Ebrei, nel suo solenne prologo, ci ha ricordato che “Dio, che molte volte e in diversi modi nei tempi antichi aveva parlato ai padri per mezzo dei profeti, ultimatamente, in questi giorni, ha parlato a noi per mezzo del Figlio…” (Eb 1,1-2).

Il mistero del Natale, da queste letture, è visto in una chiave di rivelazione: Dio, nella nascita del suo Figlio a Betlemme, ci ha comunicato qualcosa, ci ha parlato, ci ha detto qualcosa, ci ha fatto conoscere qualcosa. E cosa? Ci ha comunicato se stesso! Il bambino che oggi nasce per noi nel presepio è la rivelazione piena e perfetta di Dio al mondo. In lui, Dio ha detto la parola definitiva per rivelare se stesso agli uomini. Ma la parola di Dio, non essendo distinguibile da Dio stesso, non ha solo un contenuto di verità astratta, come le parole che noi siamo soliti pronunciare. La Parola di Dio è un fatto, un evento, una azione creatrice e salvifica, oltre che rivelazione di una verità. Nella prima lettura, l’annuncio dell’evangelizzatore, del messaggero di pace, non ha solo un contenuto teorico (“Regna il tuo Dio”, Is 52,7), ma anche realizza “il ritorno del Signore a Sion”, il riscatto di Gerusalemme (Is 52,8-9). Così nel Salmo responsoriale, la conoscenza che Dio ha dato della sua salvezza alle genti (Sal 98,2) è già visione della “vittoria del nostro Dio” (Sal 98,3). Nella Lettera agli Ebrei, la parola che Dio ha definitivamente offerto al mondo è anche il Figlio, “che ha stabilito erede di tutte le cose e mediante il quale ha fatto anche il mondo” (Eb 1,2). Finalmente, nel Vangelo di Giovanni, la Parola che era in principio, che era presso Dio, che era Dio, è anche il Verbo per mezzo del quale “tutto è stato fatto… e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste” (Gv 1,1-3).

Nel piccolo e indifeso bambino di Betlemme, allora, siamo invitati a contemplare la natura stessa di Dio, la sua parola onnipotente e creatrice, la sua salvezza e la sua vittoria elargite al mondo in maniera perfetta e definitiva. A chi accoglie questo bambino, non viene dato solo di poter conoscere il mistero stesso di Dio, il mistero della sua vita intima, della personalità plurale (Padre, Figlio e Spirito Santo) che abita la natura divina; a chi crede che quel bambino è il Verbo, il Figlio del Padre celeste, viene “dato potere di diventare figli di Dio”. La Parola creatrice di Dio, che sostiene il mondo (cfr. Eb 1,3), accolta dal credente, genera in lui una vita nuova: il Verbo creatore diviene nel credente principio di ri-creazione del suo essere, della rigenerazione a una vita differente, più alta della semplice vita naturale posseduta fino a quel momento. Nell’atto in cui il Figlio, nascendo per noi a Betlemme, rivela il Padre invisibile, rendendolo accessibile al nostro sguardo (cfr. Gv 1,18), in quello stesso atto il Figlio comunica a noi la pienezza della sua vita, nella misura che a noi è dato ricevere: “Dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto: grazia su grazia” (Gv 1,16).

Il mistero del Natale è dono di questa Parola di rivelazione e di questa Parola di vita, che sono una sola e medesima Parola, un solo e medesimo Verbo, Gesù di Nazareth, Figlio unigenito di Dio e figlio unico di Maria Vergine. Per quanto difficile possa sembrarci il poter identificare nel bambino di Betlemme il Verbo increato di Dio Padre, tutto il mistero del Natale sta qui. Nella misura in cui ci abbandoniamo nella fede a questo mistero, esso trasforma la nostra vita, perché la rende abitata dalla Parola divina, che ci comunica la grazia e la verità di Dio, che ci comunica la vita e la luce di Dio.