Nella prima lettura, tutto il discorrere di Dio con l’uomo ha inizio dalla più atroce delle sconfitte: Adamo ha peccato, l’umanità non è stata capace di una risposta di fedeltà a Dio, che tutto ad essa aveva concesso, con una sola eccezione: l’albero della conoscenza del bene e del male. Ma alla prevaricazione dell’uomo Dio risponde con un annuncio di vittoria inimmaginabile, visto il contesto di pena in cui è pronunciato: “Io porrò inimicizia fra te [serpente] e la donna, fra la tua stirpe e la sua stirpe: questa ti schiaccerà la testa…” (Gen 3,15). Alla donna e alla sua discendenza è promesso di avere un giorno la meglio contro la soverchiante potenza del serpente, cioè di colui che è all’origine di ogni umano peccato, di ogni trasgressione contro Dio.

Questa vittoria ha cantato liricamente l’apostolo Paolo nella Lettera agli Efesini che fa da seconda lettura: “Benedetto Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, che ci ha benedetti con ogni benedizione spirituale nei cieli in Cristo” (Ef 1,3). Paolo benedice colui che sta all’origine della vittoria dei credenti: il Padre celeste, che ci ha dato vittoria in Cristo, “predestinandoci a essere suoi figli adottivi”, avendoci “scelti prima della creazione del mondo per essere santi e immacolati di fronte a lui nella carità” (Ef 1,4-5). C’è un disegno di predestinazione eterna, nel quale siamo inseriti, che parte fin da prima che il mondo fosse posto in essere: è il disegno d’amore che lega il Padre al Figlio, e in lui, a tutti coloro che sarebbero stati creati alla sua immagine e somiglianza, per essere a Lui incorporati. Vittoria della grazia di Dio su ogni possibile contrasto che l’uomo avrebbe potuto opporre a questa grazia senza limiti: vocazione universale ad essere “lode della Sua gloria” (Ef 1,12), manifestazione perfetta di questa vittoria della grazia, che ridonda a pura gloria di Dio vincitore!

Se questa vittoria ha dimensioni universali quanto all’intenzione divina, richiede però l’assenso della creatura per potersi realizzare nel concreto di una esistenza storica: se la vittoria di Dio resta ipotetica nella vita di ogni uomo, sempre capace di rifiutarsi alla grazia infinita del Signore, possiamo essere sicuri della sua efficacia almeno in una creatura, storicamente vissuta. Si tratta della beata Vergine Maria. In lei si adempie perfettamente la promessa fatta alla madre di tutti i viventi, Eva, di vedere un giorno schiacciata la testa dell’antico serpente; in lei ha trovato già compiuta realizzazione il disegno di predestinazione dell’umanità alla grazia vittoriosa di Dio, cantata da Paolo. Lei è quell’Israele di cui parlava il Salmo 97/98: “Il Signore ha fatto conoscere la sua salvezza, agli occhi delle genti ha rivelato la sua giustizia. Egli si è ricordato del suo amore, della sua fedeltà alla casa di Israele” (Sal 98,2-3).

Contemplando oggi la Vergine Maria vittoriosa, fin dal suo concepimento, contro ogni ombra di peccato, contempliamo allora il nostro stesso destino di vittoria. La sola differenza: ciò che in lei si è compiuto senza il suo esplicito consenso, in vista dei meriti di Cristo redentore, in vista del «Sì» che il Signore già sapeva ella avrebbe dato al suo disegno di salvezza per l’umanità, per noi si compie invece nella serie continua dei nostri «Sì» pronunciati alla volontà di Dio nel corso della nostra storia personale. Noi siamo diventati immacolati il giorno del nostro Battesimo, quando la Chiesa ci ha generati alla vita della grazia, e possiamo continuare ad esserlo ogni volta che a quella grazia fontale ci volgiamo, ripetendo, come Maria a Nazaret, il nostro “Eccomi!”: “Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola” (Lc 1,38).